Il libro di Giona è davvero singolare.
Sia per il contenuto e la vicenda che contiene, sia per l’esperienza del profeta stesso che ci viene raccontata.
Ma questo libro è singolare anche perché in esso ci rivela che, sebbene il Signore, Yahweh, il Dio d’Israele custodisse e si curasse in modo particolare il suo popolo, con quale si era legato da un patto, il suo sguardo ha sempre percorso tutta la terra e la sorte e la condizione di città, popoli, regni e imperi, anche di quelli avvolti nelle tenebre del paganesimo, non gli è mai stata ignota. Infatti egli non li ha mai abbandonati al punto da privarli del tutto della sua grazia comune e, a volte, perfino di quella speciale e salvifica.
Ma Giona è un libro singolare anche per la figura del profeta stesso del quale ci viene rivelato il “caratterino”.
Tuttavia, sebbene potremmo legittimamente presentare parecchie critiche sia al modo di pensare sia al modo di agire di questo profeta sui generis, dobbiamo ammettere che Giona è una persona autentica, schietta e sincera e, soprattutto: un uomo di preghiera. Egli prega, sa come pregare, prega in ogni circostanza, prega bene… e prega anche male!
Dal nostro punto privilegiato, però, possiamo imparare da ciascuna delle sue preghiere. Ecco cosa impariamo:
- La preghiera del penitente. Giona 2:3-10 è un salmo d’invocazione, pentimento, confessione e di grande devozione. Bellissimo. Commovente. Struggente. Efficace!
- La preghiera della frustrazione. Giona 4:2-3. Lo stato d’animo in cui Giona eleva questa preghiera è descritto al v. 1: egli era “dispiaciuto” e “irritato”. Sebbene è apprezzabile il fatto che, nonostante tutto, egli preghi… e siamo costretti a riconoscere che egli lo fa perché ha una grande familiarità con il suo Dio ed esprime a lui i suoi sentimenti, però è davvero temerario e certamente degno di biasimo pregare in quel modo! Diciamo che Giona ha perso un’ottima occasione per tacere! A volte non siamo in grado di comprendere “la logica di Dio”. Quando è così, è meglio misurare grandemente le nostre parole.
- La preghiera dell’ostinazione. Giona 4:8b. Se errare è umano, perseverare… Giona chiede per la seconda volta (in realtà per la terza, se consideriamo anche la richiesta di essere gettato in mare) di poter morire e Dio, ancora una volta, non lo esaudisce. L’ostinazione è un grave peccato. Ma il Signore è molto paziente con i suoi figli e – a lui sia la lode – non li ascolta quando gli chiedono delle assurdità! Quale grande conforto ci dona questo pensiero!
- La preghiera inespressa. Giona 4:11. Il libro di Giona si conclude con un interrogativo che, proprio come rimbombò e scosse la mente e il cuore del profeta, risuona come un monito e un avvertimento per noi che leggiamo. «I miei pensieri sono più alti dei vostri e le mie vie non sono le vostre, umiliatevi dinanzi a e me, fate silenzio e riconoscete che io sono Dio e che non ce n’é alcun altro. Che io faccio quello che mi pare in cielo, in terra, in mare, con i pesci, gli animali, le piante, i re, i popoli, gli uomini… e i miei profeti. Quando parla e agisce il Signore, fate silenzio!».
E infatti, Giona tace. E, questa volta, il suo silenzio è la sua preghiera più eloquente e appropriata.