Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e si mise a sedere. I suoi discepoli si accostarono a lui, ed egli, aperta la bocca, insegnava loro dicendo… (Mt. 5:1-2).
Comincerò spiegando la domanda. Il Vangelo è “la buona notizia”, è l’annuncio di eventi, di fatti realmente accaduti che chi l’ascolta deve accettare, riconoscerne la verità, la rilevanza per la propria esistenza e nel quale è necessario riporre la propria completa fiducia accettandone tutte le implicazioni.
Affinché tutto ciò possa accadere, affinché si possa riporre la propria fiducia in Gesù Cristo e nell’opera che ha compiuto e, così, credere al Vangelo, bisogna che questo messaggio sia annunciato o proclamato, ma cosa è necessario affinché il Vangelo sia predicato davvero? Basta annunciare con sufficiente precisione il messaggio del Vangelo affinché si possa dire che il Vangelo è stato predicato?
La mia semplice risposta a questa domanda è: no!
Affinché il Vangelo sia predicato non basta la nuda e cruda ripetizione del messaggio. Se così fosse, il ministero cristiano sarebbe superfluo, la chiesa non sarebbe necessaria, la predicazione stessa, intesa come la proclamazione, la spiegazione e l’applicazione della verità non sarebbe indispensabile e, a seconda dei tempi e delle tecnologie disponibili nelle varie epoche, per la comunicazione del Vangelo sarebbe sufficiente avvalersi di un testo scritto, di una registrazione audio o video o perfino di un ologramma generato da una intelligenza artificiale adeguatamente istruita.
Ma quali sono i principi e gli elementi che autenticano la predicazione del Vangelo?
Ovviamente il messaggio è importante. Se manca, se è confuso, compromesso dalla presenza dell’errore o gravemente mutilato non c’è predicazione del Vangelo… e questa è una delle terribili e gravi mancanze del nostro tempo. L’integrità e l’aderenza del messaggio annunciato alla “fede che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre” è conditio sine qua non. Detto e ammesso questo, continuo dire e a ribadire che ciò non è abbastanza.
I due versetti che costituiscono l’incipit del sermone sul monte e che precedono le beatitudini lo mostrano con chiarezza e, se posti accanto al resto della rivelazione del Nuovo Testamento, gettano grande luce sulla questione.
«Gesù, vedendo le folle, [c’è un predicatore e un uditorio] salì sul monte e si mise a sedere. [c’è il contesto adeguato] I suoi discepoli si accostarono a lui [c’è la presenza della chiesa] ed egli, aperta la bocca, insegnava loro dicendo…» [qui c’è la predicazione].
Il primo elemento è “il predicatore”. In questo caso il predicatore è Gesù, la Parola incarnata, colui che è stato inviato dal Padre, egli è il Messaggero adeguato, autorizzato, è colui che incarna il messaggio, egli è la Verità. Tra Gesù e il suo messaggio c’è perfetta corrispondenza, assoluta continuità, di lui si può dire in senso assoluto che “il messaggero è il messaggio”. Per predicare il Vangelo, prima di tutto ci vogliono uomini del Vangelo, uomini la cui immagine e testimonianza possa essere sovrapposta a quella delineata dall’apostolo Paolo in 1 Timoteo 3 e Tito 1. Uomini rigenerati da Cristo e che onorano Cristo mostrando di possedere i segni di una spiritualità cristiana matura ed esemplare. Se non siamo tali, se non abbiamo le qualifiche per esserlo, se le perdiamo, se ci troviamo in un contesto che non ce le riconosce… è molto meglio non ostinarsi a voler cercare di predicare il Vangelo ad altri, perché non siamo le persone giuste per farlo. Dio è misericordioso e di certo salverà chiunque si ravvede, nonostante le mancanze e i peccati che potrebbe aver commesso, ma è anche geloso e non perdonerà chi usurpa un posto che non gli spetta. Meglio pochi predicatori del Vangelo qualificati, che tanti ma privi delle caratteristiche richieste.
Per predicare il Vangelo, in secondo luogo, è necessario che ci sia “il contesto del Vangelo”. Il Vangelo è una storia che deve essere narrata, un messaggio che deve essere spiegato, una Persona che deve essere “dipinta al vivo”, una chiamata che deve essere estesa e alla quale è necessario rispondere. Questo non si può fare se non c’è un contesto adeguato, che permetta di ascoltare con chiarezza e senza distrazioni, che consenta la comunicazione di un messaggio mediante parole che devono essere spiegate e capite, di contenuti che siano coerenti, adeguati, contestualizzati, veri e franchi al punto da mettere a disagio prima ancora che di rallegrare il peccatore. Un certo “ritiro” dal rumore e dal clamore del mondo è necessario, è salutare, è indispensabile. Basta con locali di culto che sembrano palcoscenici, con servizi di “adorazione” che intrattengono per mezz’ora e più con musiche e canti che, al meglio, sono sentimentali e banali e, al peggio, eretici e sensuali, creando artificiosamente atmosfere e ambienti che giovano solo allo scopo di manipolare le menti deboli e confuse dei presenti. Qualunque cosa possa essere detta, in tali contesti non ci sarà mai “la predicazione del Vangelo di Cristo”. Torniamo sobri, per favore!
Il terzo elemento è “la chiesa”, non intesa come luogo o edificio, ma come corpo, come insieme di persone che hanno creduto davvero in Gesù Cristo e che incarnano e rinforzano il suo messaggio dimostrando che non si tratta di mera teoria o di “belle parole”, ma di realtà vissute e realizzate, perché queste chiese sono composte da “santi visibili”. Se a questa realtà spirituale che può essere creata solo dallo Spirito Santo si sostituisce un meccanismo, una organizzazione, magari retta da professionisti dell’immagine, del marketing e delle nuove tecnologie, si perde la realtà, l’autenticità e la potenza del Vangelo e il “successo” che si ottiene è il medesimo che può essere raggiunto da una azienda o da una attività commerciale ben diretta, il cui unico scopo è quella del profitto di pochi e la “soddisfazione della clientela”.
Il quarto elemento è la predicazione, che è la comunicazione verbale del messaggio delle Scritture che possono dare la sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù. Quale convinzione si può avere (praticamente) della ispirazione, della autorità, della infallibilità e dell’inerranza della Scrittura se questa viene trattata come fonte secondaria, come stampella e puntello di sentimenti e idee personali? Quale valore si attribuisce alla Bibbia se, per imbastire un discorso bisogna ricorrere ad altre fonti per poi cercare di spiegarle a proprio uso e consumo piegandole a un vuoto moralismo o cercando di far dire loro quello che i veri autori non avrebbero mai sognato di significare? Tutto questo accade continuamente con pretese ispirazioni che vengono poi “corroborate” da testi della Bibbia oppure utilizzano in modo strumentale e decontestualizzato opere d’arte, canzoni popolari, film o altri prodotti della cultura contemporanea. Quanti sono, oggi coloro che tremano al pensiero di dovere maneggiare “la spada dello Spirito” e sono determinati soltanto a “presentare se stessi davanti a Dio come uomini approvati, come operai che non abbiano nulla di cui vergognarsi e che taglino rettamente la parola della Verità”? (Cfr. 2 Tim. 2:15).
Questo elenco di “elementi necessari affinché ci sia la predicazione del Vangelo” non me lo sono inventato io e non lo vediamo solo in Matteo 5:1-2, ma dappertutto nella Scrittura. Lascio a voi il compito di continuare l’indagine… o di mettere in crisi la mia tesi, se vi è possibile.
Rendete completa la mia gioia e allegrezza nell’apprezzare, valutare e rimanere legati a queste cose. Ve lo chiedo per le compassioni di Dio e per l’amore della Verità che ogni cristiano dovrebbe possedere.