Esodo 19:1-25
Il Signore, prima di promulgare la sua legge e di scriverla col suo stesso dito sulle due tavole di pietra, diede a Mosè degli ordini molto precisi che volle anche ripetere e precisare.
Quello fu un momento speciale e particolarmente solenne nella vita e nell’esperienza del popolo d’Israele che si trovava in viaggio verso la terra promessa.
Per questo Dio intese lasciare una profonda impressione e inculcare il suo timore in ciascuno di loro mediante la manifestazione visibile e udibile di segni fisici eclatanti che mostrarono la sua potenza e che ebbero l’effetto di far tremare tutti di paura. Mosè compreso! (Eb. 12:21).
Fu questo il modo in cui il Signore volle rivelare la sua santità e rendere consapevoli di chi egli fosse quelli che avrebbero dovuto adorarlo e che, da lì a poco avrebbero ricevuto la sua legge.
Ci colpisce il fatto che, prima ancora che l’evento si verifichi, Dio avverte e reitera più volte le sue indicazioni e la necessità che tutti si preparassero adeguatamente “santificandosi”. Dev’essere notato che volle che Mosè ripetesse due volte che nessuno si sarebbe dovuto permettere di accostarsi al monte o di fare irruzione salendo verso la cima del Sinai.
La pena di un tale comportamento sarebbe stata la morte di molti. Con un tale Dio non è permesso prendersi delle confidenze, né si può agire d’istinto o sull’onda delle emozioni. Piuttosto – ed è questa la lezione che tutti avrebbero dovuto imparare – bisogna attenersi scrupolosamente alle sue direttive a osservare i suoi ordini con cura. Chi non lo fa ne soffrirà le conseguenze.
In effetti, nessuno morì in quella occasione. Nessuno si permise di salire e nessuno venne ucciso. Ma perché non accadde?
La risposta potrebbe essere molto lunga e complessa, perché dovrebbe partire dalla considerazione della volontà segreta di Dio e giungere a toccare come i decreti sovrani di Dio non neghino la libertà e la responsabilità dell’agire umano. Ma quanto mi preme, adesso, è farvi notare una chiara e semplice verità che ci è rivelata in questo passo.
Nessuno morì perché il popolo prese sul serio la parola di Mosè.
Nessuno morì perché tutti ascoltarono e credettero alla parola di Dio pronunciata da Mosè e agirono di conseguenza.
Nessuno morì perché Mosè stesso ubbidì a Dio e non ritenne superfluo prendersi la pena di ridiscendere dal monte e di ripetere una seconda volta l’ordine di non salire e non fare irruzione.
Da tutto questo possiamo trarne alcune lezioni molto importanti.
- L’ubbidienza è sempre una questione di fede e non di sentimento. Fede in Dio, ovvero fiducia nella sua parola pronunciata dai suoi servi fedeli. L’ubbidienza evangelica non è e non può essere coercizione, neanche di quel tipo di condizionamento più o meno sottile che si ottiene manipolando le persone facendo leva sui loro sentimenti. L’ubbidienza evangelica è il frutto dell’amore e della fede! (Giovanni 14:21, 24).
- Per svolgere il ministero della parola bisogna essere disposti a soffrire e a faticare duramente. Lo sapeva molto bene l’apostolo Paolo che si dichiarò “lieto di soffrire” per il corpo di Cristo che è la chiesa (Colossesi 1:24). Il ministero cristiano comporta la disposizione all’ascolto di Dio, richiede l’ubbidienza e la sottomissione del predicatore stesso a ciò che ascolta e comprende e non può prescindere dalla sua abnegazione e dalla scrupolosa e fedele applicazione degli ordini divini. C’è un tipo di sofferenza che ogni vero ministro del Vangelo deve conoscere: quella della fatica della ricerca dei perduti, dell’impiego delle energie necessarie per “costringerli ad entrare” nella sala della festa e della gioia, della vigilanza del gregge dai pericoli che vengono dall’esterno, quella del dover usare sempre la tenerezza di Cristo, grande pazienza e perseveranza nel continuare a istruire un popolo che, spesso, si mostra riluttante e lento nel fare ciò che dovrebbe.
- La ripetizione dei comandamenti di Dio è uno strumento indispensabile e un mezzo di salvezza per il popolo. Insistere sulle cose fondamentali, semplici, già note, trite e ritrite, può essere scambiato per petulanza, per pigrizia («ci dice sempre le stesse cose… l’abbiamo capito»), o, peggio ancora, per fanatismo o per qualunque altro vizio o difetto… ma dalla serietà e dalla fedeltà con cui si insisterà nell’insegnare ciò che è vero, giusto e che è la sicura volontà di Dio, dipende la vostra vita. C’è da temere, infatti, che se Mosè non fosse sceso e non avesse ripetuto la seconda volta quell’avvertimento, ci sarebbero stati molti morti in quel giorno. Non c’è altra ragione, infatti, per intendere l’insistenza da parte di Dio anche a fronte di una rispettosa, ma pur autentica obiezione da parte di Mosè (Esodo 19:23). Certo, non abbiamo la controprova, ma immaginiamoci la reazione del popolo quando vide tornare indietro Mosè per sentirsi ripetere quanto già sapeva. Il primo ordine era stato sufficientemente chiaro. Ma la sua ripetizione fu un avvertimento solenne. Guai a loro se non avessero saputo contenersi! Quando, ai tempi del liceo, ogni volta che un insegnante ci ammoniva con il solito «repetita iuvant!» e noi replicavamo, insolentemente, in latino maccheronico: «sed stufant!», dimostravamo soltanto la nostra ignoranza e di non avere ancora imparato la lezione di questo capitolo.
Fratelli, la vostra salvezza dipende anche dalla fedeltà di chi vi istruisce e vi corregge, di chi vi ripete le cose che magari conoscete già, di chi cerca di farle scendere profondamente nel vostro cuore, di chi potrebbe perfino infastidirvi perché, a volte, dà l’impressione di volere mettere il dito nella piaga.
Mentre prometto solennemente che non userò mai questo argomento per evitare la fatica della preghiera, dello studio, della meditazione, dello scrivere e rielaborare i miei sermoni, mi permetto di esortarvi a non pensare mai che una lezione ripetuta sia una lezione inutile.
Ascoltate il vostro pastore e approfittate di ogni occasione di istruzione, di ogni riunione di preghiera, di ogni culto, di ogni scritto, di tutto quello che io o altri sani insegnanti prepariamo per voi e vi porgiamo. Quanto a me, come l’apostolo Pietro, anch’io «avrò cura di ricordarvi continuamente queste cose, benché le conosciate e siate saldi nella verità che è presso di voi. E ritengo che sia giusto, finché sono in questa tenda, di tenervi desti ricordandovele» (2 Pietro 1:12-13).
Ripetere è utile, ascoltare con attenzione e ubbidire può evitarvi molti guai e sofferenze e – credetemi – perfino salvarvi la vita!