Durante la sua preparazione al ministero, nel periodo della sua permanenza a New York e nel tempo della sua susseguente residenza nella casa paterna, Edwards formulò una serie di proponimenti, settanta per la precisione. Ovviamente, questi erano intesi per se stesso, al fine di regolare il proprio cuore e la propria condotta. Tuttavia, per la loro semplicità ed elevazione spirituale, sono perfettamente adatti e utili anche ad altri.
Questo significa, come risulta evidente dalle date annotate da Edwards stesso, che fece questi proponimenti tra i suoi 19 e 20 anni.
I “proponimenti” di J. Edwards, sono conosciuti con il nome di “risoluzioni” (Resolutions). Uno studioso della teologia di Edwards (George S. Claghorn) spiega: «Le “risoluzioni” sono definite come “determinazioni ferme”. Per Edwards non erano né speranze pie, né sogni romantici, né regole legaliste. Erano principi di vita, massime da seguire in tutto e per tutto. Edwards dipendeva dalla forza del suo Dio onnipotente per trovare sostegno, al fine di essere in grado di vivere secondo lo standard che esse esprimevano. Le “risoluzioni” costituivano le direttive in base alle quali Edwards esaminava se stesso. Secondo i precetti biblici, i Puritani attribuivano grande importanza al sottomettersi all’investigazione divina e monitoravano i propri motivi e le proprie azioni. Nelle chiese, a livello comunitario, le persone erano esortate a praticare l’introspezione, che era considerata un dovere dalle grandi conseguenze».
Per quanto mi riguarda, “mi propongo” di selezionare alcune di queste “determinazioni ferme” Alle quali Edwards si studiò di attenersi per tutta la vita. Lo farò periodicamente, facendoli seguire da una breve discussione.
Oggi cominciamo con il primo:
- Mi propongo di fare tutto ciò che credo possa promuovere la gloria di Dio e il mio bene, utile e piacere, finché esisterò, sia in questo tempo che nell’eternità. Mi propongo di fare tutte quelle cose che considero un mio dovere e che possono contribuire al bene e al vantaggio dell’umanità in generale. Mi propongo di fare così a dispetto di qualunque genere, numero e grado di difficoltà che dovessi affrontare.
In realtà si tratta di tre distinti propositi. Il primo riguarda la relazione con Dio, il secondo la relazione con il prossimo e il terzo dimostra il senso di realtà circa la natura conflittuale della vita cristiana.
La gloria di Dio e il nostro bene e felicità non sono obiettivi opposti e nemmeno diversi. Piuttosto, si tratta di due facce della stessa medaglia. Ciò che è fatto per la gloria di Dio risulterà sempre anche per il bene, l’utile e il piacere di chi lo compie. Chi non prova piacere nel compiere ciò che onora Dio dimostra di essere dominato da una natura avversa che controlla e dirige i suoi desideri, gusti e aspirazioni. Il livello di gioia nel fare ciò che Dio comanda è soggetto a fluttuare perfino nei migliori cristiani che, a volte, scorgono un’intima opposizione al bene che desiderano compiere (Cfr. Ro. 7). Ma ciò non costituisce lo stato abituale e costante della mente e del cuore credente, è più l’eccezione che la regola. Il cristiano, generalmente, si esprimerà come il salmista (Cfr. Salmi 119:14, 32, 162) e un figlio di Dio non considererà “gravosi” i comandamenti del proprio Padre celeste (1 Gv. 5:3).
Oltre a ciò, il secondo proposito ha come fuoco il bene, il vantaggio e la felicità del prossimo. Il cristiano, in modo naturale, vorrà sempre condividere la propria gioia con altri. Egli ama servire, pur non essendo dominato da uno spirito servile! Non si annulla per far felici altri ma, nel glorificare Dio e cercando la propria gioia si interessa e impegna affinché anche altri conoscano lo stesso diletto e il medesimo progresso. Non potrà mai essere pienamente felice se ad essere felice sarà soltanto lui. Come Cristo, se si tratta di parole, dirà: «Dico queste cose nel mondo, affinché abbiano compiuta in sé stessi la mia gioia» (Gv. 17:13), come Paolo si sentirà «collaborator[e] della […] gioia [altrui]» (2 Co. 1:24). Lungi dal concepire la fede nel senso autarchico ed egoistico che fa ripiegare su se stessi, ogni vero cristiano vorrà essere un profumo di vita per tutti quelli che sono sulla via della salvezza (Cfr. 2 Co. 2:15-16) e un testimone di Dio per il mondo.
Il terzo proponimento è quello della resistenza, della determinazione a non mollare, della fiducia in Dio che non può esserci e mai ci sarà una difficoltà, una prova o una tentazione tanto forte da non potere essere sopportata, poiché «Dio è fedele» (1 Co. 10:13) e che è perdente solo chi si rifiuta di combattere e fugge dalla difficoltà.
Vogliamo fare come Jonathan Edwards che si affidava a Dio dicendo:
«Poiché so di non poter fare nulla senza l’aiuto di Dio, lo supplico umilmente, per la sua grazia, di darmi la capacità di osservare questi proponimenti nella misura in cui essi sono conformi alla sua volontà, per amore di Cristo».
E raccomandava a se stesso:
«Ricorda di leggere questi proponimenti una volta ogni settimana».
L’eccellenza di certe persone, in alcuni casi, non è un mistero irrisolvibile!