Tra i proponimenti che il giovane Jonathan Edwards stilò allo scopo di regolare la propria vita e per vivere alla gloria di Dio e progredire nella santificazione, il ventottesimo era:
«Mi propongo di studiare le Scritture diligentemente, costantemente e frequentemente, affinché possa rendermi conto in modo chiaro di crescere nella conoscenza della Parola».
Questa sana determinazione si fonda sul presupposto che “le Scritture” – ovvero l’Antico e il Nuovo Testamento – la Sacra Bibbia che è anche detta la “rivelazione speciale” di Dio – hanno un grande valore e costituiscono un degno campo di investigazione per qualunque persona, anche per le menti umane più grandi e acute.
Il salmista esprimeva così la propria preghiera al Signore:
«Apri i miei occhi e contemplerò le meraviglie della tua legge» (Salmi 119:18).
Il pensiero suggerito da questo testo è che l’uomo devoto si sente del tutto inadeguato al cospetto della profondità dei pensieri divini. Ci sono “meraviglie” da contemplare con riverenza e stupore, ma esse sono irraggiungibili con i mezzi naturali a nostra disposizione. È necessaria un’opera soprannaturale di illuminazione, l’apertura degli occhi accecati dal peccato, dall’ignoranza e dalla vanità, affinché tale splendore possa giungere all’anima e rallegrare il cuore.
L’umiltà espressa in questo pensiero è quella di chi, non riuscendo a scorgere alcuna bellezza o ricchezza nelle Scritture, non le abbandona affermando orgogliosamente che non hanno alcun valore, ma biasima se stesso perché è convinto di non essere in possesso dei mezzi necessari per attingere l’acqua della vita custodita in un pozzo così profondo.
Il saggio Salomone paragona la ricerca della sapienza divina che deriva dal possedere il timore del Signore, all’attività di un minatore e di un cacciatore di tesori (Pro. 2:1-6). L’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, per lui sono pazzia e realtà inconoscibili (1 Co. 2:14). Per questa ragione preferisce abbandonare la ricerca dicendo che non esistono o, al massimo, che seppure dovessero esistere, nessuno sarà mai in grado di saperlo.
Ma ciò che la mente umana non potrà mai conquistare le può essere concesso in dono.
Questa è “l’apertura degli occhi” che il salmista chiedeva a Dio.
Da questo presupposto, Edwards ne deriva che le Scritture meritano di essere fatte oggetto di uno studio serio e devoto. Egli non si sarebbe accontentato di una conoscenza mediata da altri, frutto della fatica altrui, di “seconda mano”. Per questa ragione il suo proponimento contiene ben tre avverbi che descrivono i modi e i tempi in cui si sarebbe impegnato in questo studio.
Diligentemente, ovvero in modo coscienzioso, utilizzando ogni mezzo legittimo a sua disposizione, accrescendo le proprie conoscenze e abilità linguistiche, storiche, teologiche e scientifiche. Il suo studio non sarebbe mai stato “superficiale” o “istintivo”, ma approfondito e sottoposto allo scrutinio di altri che lo avrebbero valutato e che avrebbero potuto interagire con lui.
Costantemente riguarda il fatto che egli era determinato a seguire le regole non solo con diligenza, ma anche con continuità. Non serve a nulla attenersi scrupolosamente alle indicazioni di un personal trainer per una sola lezione è poi disertare la palestra per mesi, così come non otterrà alcun risultato chi segue scrupolosamente una dieta per un solo giorno (o per qualche giorno a settimana) se non si applica con costanza a seguire il programma del nutrizionista!
Frequentemente per Edwards, che era un teologo e un pastore, significava “quotidianamente” (è risaputo che trascorreva “tredici ore tutti i giorni” nel suo studio!), ma per una mamma con dei bambini piccoli, un padre che deve lavorare e viaggiare ogni giorno per ore o uno studente in prossimità di esami importanti avrà di sicuro un valore diverso… ed è giusto che sia così.
Tuttavia, questi tre avverbi mostrano la serietà con cui ciascun cristiano dovrebbe considerare gli studi biblici.
Ahimè, questa è una delle più gravi mancanze del nostro tempo! Nelle chiese non se ne tengono più perché la gente vuole solo discorsetti motivazionali che fungano da sedativi o da stimolanti a seconda dello stato d’animo. Ci si rifiuta di faticare e scavare immergendosi in uno studio serio e approfondito delle Scritture. Molti pastori fuggono come la peste la “predicazione dottrinale” e molti “credenti” fuggono dalle chiese dove essa viene proposta.
Un “concerto cristiano” raccoglie centinaia di partecipanti, una serie di studi sulla persona e l’opera di Cristo… cinque o sei persone al massimo.
Leggete la Bibbia diligentemente, costantemente e frequentemente? La studiate allo stesso modo?
Inoltre, il proponimento di Edwards aveva anche uno scopo preciso: quello di ottenere la consapevolezza della sua crescita personale nella conoscenza della Parola di Dio.
Questo è un dovere che riguarda ogni cristiano poiché noi tutti siamo chiamati a essere “discepoli” di Cristo. Un discepolo è una persona che continua e imparare e che desidera essere come il proprio Maestro. Per il cristiano il tempo del discepolato e il tempo del suo pellegrinaggio terreno coincidono. Fino alla fine avremo qualcosa da imparare! L’apostolo Pietro esorta a questa “crescita nella conoscenza” e “nella grazia” (2 Pt. 1:5; 3:18). Infatti, anche nella vita cristiana, la staticità, non è altro che regresso e sviamento!
Edwards sapeva di dover progredire nella conoscenza e nella competenza anche come ministro del Vangelo (1 Ti. 4:5) poiché la sana crescita nella grazia dei membri di chiesa impone che il loro ministro si trovi sempre un passo avanti a loro allo scopo di poterli guidare in modo adeguato.
Per questa ragione i miei “eroi” e i miei “predicatori preferiti” sono quei pastori che hanno trascorso la parte preponderante o addirittura la loro intera vita ministeriale nella stessa chiesa.
Predicare alle stesse persone per trenta, quaranta o cinquant’anni – se Dio lo permette – dovrebbe essere l’aspirazione di ogni giovane ministro.
Per alcuni ciò significherà dover seppellire l’ambizione di ottenere posizioni migliori e posti più prestigiosi. Per altri, la necessità dello studio continuo e della crescita nella competenza, della ricerca costante della freschezza dei contenuti e di un continuo aggiornamento sui metodi e le tecnologie che sfidano la pigrizia e l’innata tendenza a voler mantenere lo status quo. Per altri ancora l’obbligo a mantenere una buona reputazione, l’autorevolezza morale e la fedina penale incontaminata! Tutte queste sono le cose che fanno di un uomo chiamato al ministero cristiano, un ministro del Vangelo utile e di successo.
Buono studio della Bibbia a tutti voi!