Da ieri ho cominciato a pubblicare delle brevi riflessioni sui proponimenti di Jonathan Edwards. La prima la trovate qui. Quella di oggi riguarda il secondo dei proponimenti che egli scrisse e ai cui si attenne in modo tale che la sua vita fosse regolata biblicamente. Eccolo:
“Mi propongo di impegnarmi continuamente per trovare nuove soluzioni ed espedienti atti a promuovere le cose che ho menzionato”.
Strettamente collegato al primo (la ricerca della gloria di Dio, del proprio e dell’altrui utile, felicità e gioia e della perseveranza anche nelle prove), il secondo proponimento riguarda il modo in cui Edwards intese perseguire questi scopi: egli s’impegnò a trovare continuamente nuove soluzioni.
Questo proponimento si fonda su una corretta comprensione del significato e delle implicazioni della natura umana creata a “immagine e somiglianza di Dio” (per chi volesse sentire cosa ho insegnato a tal proposito ascolti il sermone della domenica mattina del 12 luglio 2020, qui su YouTube, e qui su Sermonaudio). L’uomo creato in giustizia e santità, pur essendo stato posto in un contesto ideale, non fu fatto per mantenere lo status quo nel mondo creato da Dio, egli fu creato per portare avanti l’opera compiuta da Dio.
Sotto la guida e mediante l’aiuto e la benedizione divini, Adamo, Eva e la loro discendenza avrebbero attivamente contribuito a fare dell’universo ciò che il Creatore aveva stabilito. Affinché questo piano si attuasse, l’umanità si sarebbe dovuta impegnare a riempire e assoggettare la terra e a ottenere il dominio sugli animali (Ge. 1:28). Ciò si sarebbe ottenuto grazie all’inventiva e alla creatività di cui Dio ci ha forniti e si sarebbe attuato compiendo delle scoperte, comprendendo le leggi dell’universo e riuscendo a sfruttarle per il bene comune.
Il progresso nella conoscenza in ogni campo, a cominciare da quello teologico, e la facilitazione di ogni processo, mediante la scoperta di soluzioni nuove e più rapide e il ricorso a nuovi espedienti, fintanto che non sono sconnessi dal primo e direttivo principio della gloria di Dio e del rispetto della sua volontà, non possono che essere visti con favore e non possono che considerarsi come desiderabili e auspicabili.
Questo, inoltre, implica una certa inclinazione a ripudiare il tradizionalismo, inteso come l’acritico e rigido attaccamento a “ciò che è stato e che si è sempre fatto nel passato”.
Non si intende negare che il desiderio e l’aspirazione al cambiamento possono anche essere malsani. Di sicuro possono dipendere da un carattere inquieto, dall’individualismo di chi è incapace di attenersi a ciò che è ben regolato e stabilito solo perché lo ha fatto qualcun altro, o, perfino, dal folle disprezzo della storia e di tutti coloro che ci hanno preceduti. Quando è così, non si otterrà alcun vero progresso.
Tuttavia, in un credente rigenerato e consapevole che uno «scriba che diventa un discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa, il quale tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie» (Mt.13:52), questa spinta produrrà un autentico avanzamento nella conoscenza, il perfezionamento della santificazione e una maggiore generosità nel servire il prossimo che risulteranno nell’aumento della sua utilità e in un maggiore contributo al “bene della città” (Ger. 29:7) perché la somiglianza al Creatore di tutte le cose sarà così più nitida e distinta.
Gli scritti di Edwards costituiscono la prova che egli si studiò davvero di esplorare nuovi campi e che s’impegnò a offrire nuove soluzioni tracciando dei solchi (nella teologia del risveglio e del discernimento, nella teologia biblica, nella teologia delle missioni cristiane e in moltissimi altri campi compresa quello della medicina), dove sono stati piantati dei semi che, a suo tempo hanno portato buon frutto.
Ecco perché vi indico Jonathan Edwards: se anche voi volete vedere un po’ più lontano, egli è uno di quei giganti sulle cui spalle vi conviene salire.
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Vi garantisco che se conoscerete meglio quest’uomo (che pur essendo morto parla ancora) ne avrete grande profitto.