Il trentaduesimo proponimento di Jonathan Edwards è:
Mi propongo di rimanere rigorosamente e fermamente fedele al compito che mi è stato affidato, affinché, secondo ciò che è scritto in Proverbi 20:6, io sia trovato interamente fedele.
La fedeltà è una virtù molto rara. Difficile, se non impossibile da trovare tra gli esseri umani.
Al più e al meglio riusciamo a essere fedeli per un certo tempo, in una certa misura e in certe circostanze perché per meritare di essere qualificati come “infedeli” basta cadere una sola volta, anche solo con il pensiero e a causa di pressioni che giudichiamo “insopportabili”.
Verità e fedeltà, in ebraico sono la traduzione della stessa parola (אמת ‘emeth) e siccome solo Dio è verace, solo lui è fedele.
Per questa ragione la risposta alla domanda della Scrittura citata da Edwards: «Un uomo fedele chi lo troverà?» (Proverbi 20:6b) non può che essere: «Nessuno!» Infatti temo proprio che si tratti di una domanda retorica!
È pur vero, però, che c’è infedeltà e infedeltà.
C’è un tipo di infedeltà che è empietà e mancanza di fede, che è tradimento di Cristo e abbandono della verità, che è abuso di fiducia e rivolta contro il bene ricevuto. Questo genere di infedeltà è egoismo, ingratitudine e rivela una malvagità diabolica e imperdonabile.
C’è poi un tipo di infedeltà che, per quanto possa essere grave, è momentanea ed è seguita dal ravvedimento, dall’esame di se stessi, dalla confessione, dal rialzamento e del proposito di riprendere il cammino a ogni costo.
In questo senso «il giusto cade sette volte e si rialza» (Pro. 24:16) e per questa ragione l’apostolo Paolo dice che «se siamo infedeli, egli rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.» (2 Tim. 2:13). Tuttavia – non dimentichiamolo – i vincitori dell’Apocalisse sono i seguaci del Fedele e Veritiero (Ap. 19:11) che, a loro volta, sono «i chiamati, gli eletti e i fedeli».» (Ap. 17:14)
Ma cosa è richiesto affinché possiamo aspirare ad essere definiti “fedeli” dal nostro Salvatore che è anche il nostro Sposo celeste?
Prima di tutto, che conosciamo quale sia la nostra chiamata il nostro ruolo e, quindi, il nostro dovere. Sebbene la guida della condotta di ogni cristiano sia “la legge morale espressa nei dieci comandamenti”, i doveri di ciascuno sono distinti e determinati dal ruolo che ricopre.
Altri sono i doveri dei figli da quelli dei genitori, quelli dei padri da quelli delle madri, dei membri di chiesa dagli anziani e dai diaconi. Per questa ragione è bene vivere là dove queste cose sono insegnate: in una chiesa sana e in un luogo dove la Scrittura è proclamata, spiegata e applicata in lungo e in largo.
In secondo luogo, bisogna dedicarsi generosamente e con tutte le proprie forze a compiere i doveri del proprio ruolo. Dobbiamo avere la consapevolezza che il giudizio comincia dalla casa di Dio (1 Pt. 4:17) e ciascuno di noi dovrà rendere conto di se stesso a Dio (Ro. 14:12). Il giorno di Cristo sarà anche quello della prova delle nostre opere e della valutazione della nostra fedeltà e solo ciò che è ben rappresentato metaforicamente dall’oro, l’argento e le pietre di valore, sarà ricompensato (1 Co. 3:12-15; 2 Co. 5:10). Esiste una salvezza “come per il fuoco” (1 Co. 3:15)) e un “ampio ingresso” nel regno di Dio (2 Pt. 1:8-11) e “chi semina scarsamente” mieterà altrettanto scarsamente mentre a chi semina abbondantemente è promesso un abbondante raccolto (2 Co. 9:6).
In terzo luogo bisogna aspirare a una fedeltà intera e non parziale. Quanto detto in conclusione da Edwards è molto importante. Egli aspirava a “una fedeltà integrale”, infatti non esiste una “fedeltà parziale” o un “mezzo servizio”. Il giudizio divino su alcuni re di Giuda fu di essere stato servito da loro: «Non con tutto il cuore» (2 Re 10:31). Ma Gesù ha detto che non è possibile servire due padroni ed è chiaramente affermato che chi avrà osservato tutta la legge ma trasgredisce un solo punto si rende colpevole su tutti i punti (Gc. 2:10). Un cuore diviso è un cuore idolatra, non dimentichiamolo! Per questo lo Spirito Santo “ci brama fino alla gelosia” (Gc. 4:5).
Noi – grazie a Dio – non siamo salvati per la nostra fedeltà ma per quella di Cristo, ma ogni autentico figlio di Dio coltiva nel proprio cuore il grande desiderio di poter udire dalla bocca del Salvatore queste parole:
«Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore» (Matteo 25:21).
Abbiamo buone ragioni di credere che fu così per Jonathan Edwards; così sia anche per noi.