Tra i settanta proponimenti di Jonathan Edwards, alcuni portano la data in cui furono scritti e, tra questi, uno fa riferimento a quanto scrisse nel suo diario proprio in quella data. Oggi vorrei porre in evidenza i proponimenti dal 42 al 45 che trattano della consacrazione, l’abnegazione e la mortificazione praticate da ogni cristiano di cui egli scrisse il 12 e il 13 gennaio del 1723. Ciascuna parte meriterebbe una trattazione a sé, ma li propongo così come sono stati commentati da Edwards stesso proprio nella pagina di diario che scrisse quando li formulò.
Ecco i proponimenti:
42. Mi propongo di rinnovare spesso la mia consacrazione a Dio, avvenuta al mio battesimo, che ho rinnovato solennemente quando sono stato accolto nella comunione della chiesa, proprio come ho solennemente fatto oggi 12 gennaio 1723.
43. Mi propongo di non agire mai, da ora finché morrò, come se appartenessi a me stesso, ma riconoscendo che sono completamente ed assolutamente di Dio, in armonia con quanto ho scritto [nel Diario] sabato 12 gennaio (12 gennaio 1723).
44. Mi propongo che nessun altro fine che non sia spirituale influenzi le mie azioni e che nessuna di esse si muova, in qualsiasi circostanza, in una direzione diversa da quella indicata da tale fine (12 gennaio 1723).
45 Mi propongo di mortificare ogni letizia o tristezza, gioia o dolore, sentimento o circostanza ad esso collegato, a meno che non contribuisca al bene della vera religione (12 e 13 gennaio 1723).
Sabato, 12 gennaio, al mattino. In questo giorno ho solennemente rinnovato il mio patto battesimale e la mia dedicazione, che ho rinnovato quando sono stato ricevuto nella comunione con della chiesa. Sono stato davanti a Dio e gli ho dato me stesso, tutto ciò che sono e che ho, in modo che adesso non appartengo in alcun modo a me stesso: non possiedo alcun diritto su me stesso, non ho alcun diritto sull’intelletto che mi è stato dato, sulla volontà, sulle affezioni presenti nell’animo; né ho alcun diritto sul corpo, né su alcuna delle sue membra: nessun diritto su questa lingua, su queste mani e questi piedi; nessun diritto a questi sensi, questi occhi, queste orecchie, questo odore o sapore. Mi sono liberato di me stesso e non ho conservato nulla per considerarlo come mio. Sono andato a Dio questa mattina e gli ho detto che mi sono dato interamente a lui. Gli ho dato ogni potere; in modo che per il futuro non accamperò alcun diritto per me stesso, in alcun modo.
Gliel’ho espressamente promesso, e ora prometto nuovamente a Dio Onnipotente, che per sua grazia non lo farò. Questa mattina gli ho detto che ho preso lui come mia unica parte e felicità, non considerando nient’altro come parte della mia felicità, né agendo come se lo fosse; e che ho preso la sua legge affinché governi e diriga costantemente la mia obbedienza; e che combatterò con tutte le mie forze contro il mondo, la carne e il diavolo, fino alla fine della mia vita. E che ho creduto in Gesù Cristo e l’ho ricevuto come Principe e Salvatore; e che ho aderito alla fede e all’obbedienza del Vangelo, per quanto possa essere rischiosa e difficile professarla e praticarla. Che ho ricevuto lo Spirito benedetto come mio maestro, santificatore e unico consolatore; e che gioisco e godo di tutte le sue opere nell’illuminarmi, purificarmi, confermarmi, confortarmi e assistermi.
Questo ho fatto. E prego Dio, per amore di Cristo, che egli la consideri una dedicazione personale, che adesso mi riceva come qualcosa che gli appartiene interamente e che mi tratti in tutto e per tutto come tale; sia che mi affligga o che mi conceda prosperità, o qualunque cosa gli piaccia fare con me, poiché sono suo. Ora, d’ora in poi, non devo agire in alcun modo come se appartenessi a me stesso. Agirò in quel modo se farò uso dei miei poteri per qualcosa che non è per la gloria di Dio, e se non sarà la mia intera e completa occupazione quella di glorificarlo. Se mormorerò minimamente delle afflizioni; se mi addolorerò per la prosperità degli altri; se sarò comunque poco caritatevole; se mi arrabbierò a causa di qualche infortunio; se mi vendicherò; se farò qualcosa, puramente per procurarmi piacere, o se eviterò di fare qualcosa per il solo mio agio; se ometterò qualcosa perché richiede una grande abnegazione; se mi fiderò di me stesso: se prenderò per me la lode o il merito di qualsiasi cosa io faccia o, piuttosto, che Dio farà per mio mezzo; o se sarò in qualche modo orgoglioso.
Questo giorno ho fatto il quarantaduesimo e il quarantatreesimo proponimento. Che riguardano il fatto se qualsiasi altro scopo debba avere alcuna influenza su una qualsiasi delle mie azioni o se tutte le mie azioni debbano mirare a nient’altro se non al fatto che la religione debba condizionare tutta la mia mente. Risposta: No. Pertanto ho fatto anche il quarantaquattresimo proponimento.
Domanda: è legittimo concedersi qualche piacere o soddisfazione quando si ottiene qualsiasi altro fine, oltre a quello religioso? Nel pomeriggio ho dato la risposta: sì, perché, se [noi] non dovessimo mai permetterci di rallegrarci, se non quando otteniamo esclusivamente un fine religioso, non dovremmo mai rallegrarci alla vista degli amici, non dovremmo concederci alcun piacere nel nostro cibo, per cui gli spiriti animali* sarebbero ritirati e la buona digestione ostacolata. Ma la domanda deve essere risolta così: non dobbiamo permetterci mai alcuna gioia o dolore, se non ciò che può essere d’aiuto alla religione. Pertanto ho fatto anche il quarantacinquesimo proponimento.
Ho scoperto che il motivo per cui mi scoraggio molto presto e divento inadatto per il compito che devo svolgere, è solo perché sono stato abituato a mollare molto presto, a causa del desiderio del benessere e del conforto terreni, e quindi ho preso l’abitudine di aspettarmi che le cose si facciano con facilità; e quindi, quando penso di essermi affaticato per un bel po’, non ce la faccio più, perché mi aspetto di essere liberato, come se ne avessi il diritto e mi fosse dovuto. E poi racconto a me stesso una bugia, dicendomi che sono davvero affaticato e stanco. Invece, se non mi fossi aspettato l’agio e fossi stato risoluto e determinato a sopportare le afflizioni per svolgere il mio compito, per quanto potevo, avrei dovuto continuare a svolgerlo con tanto vigore, senza tempo, interruzione né riposo. Questo ho trovato leggendo le Scritture e questo ho trovato nella preghiera; e quindi, credo che sia così che si devono imparare i sermoni a memoria e fare le altre cose.
A sera. Questa settimana, l’esame di coscienza settimanale è durato più del normale. Mi è stato detto che una mortificazione troppo costante e un’applicazione troppo vigorosa alla religione possono nuocere alla salute. Tuttavia, voglio giungere a sentire chiaramente e a sperimentare queste cose, prima di cessare. Non importa quanto possa essere affaticato e stanco, se la mia salute non ne viene compromessa.
* Gli “spiriti animali” (o dell’anima) sono un concetto piuttosto nebuloso per noi, ma quasi universalmente accettato al tempo di Edwards, in cui si parlava di misteriosi “vapori” esalati dal sangue come il punto di contatto tra la materia e lo spirito nell’uomo. Edwards, nelle sue opere, si riferisce spesso anche alle “leggi dell’unione tra anima e corpo fissate dal Creatore” e spiega come emozioni e sentimenti possano scaturire anche solo dai mutamenti degli “spiriti animali”, ossia, come diremmo oggi, delle condizioni fisiologiche.