Il sesto dei proponimenti di Jonathan Edwards è:
Mi propongo di vivere con tutta la mia forza finché avrò vita.
La questione della “forza”, ovvero di quale sia il potere o la capacità dell’uomo nel prendere decisioni, compiere delle scelte e agire conformemente, è complessa e di non facile risoluzione.
Ci sono alcuni punti fermi che tutti quelli che vogliono riflettere su questo argomento devono tenere in considerazione. Il primo e il più importante è quanto dice l’apostolo Paolo che, nel descrivere la condizione umana prima della rigenerazione dice che quello era il tempo in cui “eravamo senza forza” (Ro. 5:6). Il Signore Gesù Cristo afferma che “chiunque commette il peccato è schiavo del peccato” (Gv.8:34) e che, siccome “tutti hanno peccato” (Ro. 3:23) da tale condizione si può essere liberati solo se “il Figlio” ci farà liberi (Gv. 8:36). L’uomo naturale non ha potere (abilità, capacità) di comprendere e quindi di ricevere le cose dello Spirito che, a lui, sono “pazzia” (1 Co. 2:14).
Quindi, fare appelli all’esercizio della volontà a una persona che non è rigenerata è come cercare di persuadere un morto a risvegliarsi o ad autorisuscitare. Pura follia! Eppure c’è un’eresia “cristiana” che la insegna: il pelagianesimo, sia quello puro sia quello in forma annacquata che troviamo nel cattolicesimo romano e in molto evangelicalismo contemporaneo.
Come ha detto Gresham Machen: «Il predicatore liberale ci esorta, mentre un evangelista cristiano […] ci offre […] non un’esortazione, ma il Vangelo» (pp. 129-121) e il Vangelo è un annuncio di qualcosa che è già stato fatto, che Dio ha fatto, esso è, primieramente, un’informazione che descrive la vita, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo.
Quindi che posto ha nel messaggio evangelico “l’imperativo” e “l’esortazione” o “l’invito” a credere, a ravvedersi e alla ricerca della santificazione perseguendo una vita di ubbidienza? Non sarebbe questo uno scadere nel “moralismo”? Questa osservazione è legittima e, infatti, non sono pochi coloro che considererebbero (o considerano) Edwards e i suoi proponimenti come dei pia desideria moralistici e poco “evangelici”.
Tuttavia, se si conosce davvero il nostro autore, è estremamente ingeneroso attribuirgli una tale colpa. Piuttosto bisogna intendere il suo proponimento in linea con alcuni testi della Scrittura che non solo esortano, ma ordinano l’azione e l’attività.
Uno di questi è «La legge e i profeti hanno durato fino a Giovanni; da quel tempo è annunciata la buona notizia del regno di Dio, e ciascuno vie entra a forza» (Lc 16:16).
Edwards, su questo testo, predicò un sermone dal titolo Pressing into the kingdom of God ed egli, rivolgendosi a santi e peccatori, espose la dottrina che “Chiunque voglia ottenere il regno di Dio deve sforzarsi per entrarvi“. Varrebbe la pena ragionare su tutto il sermone, ma, per il nostro scopo basterà questa porzione:
Dovete fare in modo di sacrificare ogni cosa per il bene eterno della vostra anima. Questa ricerca deve essere così intensa e dovete essere così decisi a effettuarla da mettere da parte qualunque altra cosa. Niente deve intralciare la vostra decisione di cercare per prima cosa il regno di Dio. Tutto ciò che finora avete considerato una comodità, un conforto, una convenienza, o qualcosa di desiderabile, se vi impedisce di raggiungere questo grande scopo, abbandonatelo senza esitazione. Se poi si tratta di qualcosa che abitualmente vi frena, liberatevene completamente, senza riporvi più alcuna esitazione. Se in passato, per ottenere qualche guadagno materiale, vi siete impegnati in affari o preoccupazioni che vi hanno impedito di dedicarvi alla religione quanto avreste dovuto, cambiate direzione, anche se le vostre finanze dovessero soffrirne. Oppure, se vi siete uniti a una compagnia di persone che è si è rivelata un laccio o un ostacolo al vostro saggio proposito, uscitene fuori, non importa quanto possano disprezzarvi e quali saranno le conseguenze. Tutte quelle cose che vi ostacolano nella vostra ricerca della salvezza – un piacere peccaminoso, un forte desiderio carnale, una lode o un’onorificenza, il favore di certe persone che volete tenervi amiche e da cui ottenere la stima e la simpatia – abbandonatele, e sia come se le offriste tutte quante in un sacrificio per il bene della vostra anima, anche se ciò significherà dovervi esporre al pericolo; anche se doveste essere considerati anormali e ridicoli e doveste essere disprezzati; anche se la vostra natura pigra e indolente fosse avversa a queste continue fatiche; e anche se fosse più conveniente, in ogni caso, evitare ogni genere di difficoltà. Non cedete alle opposizioni, ma fate in modo che ogni cosa si pieghi a questo fine. Se sarà necessario umiliare la vostra carne, fatelo. Non risparmiatela, ma crocifiggetela, senza temere di essere troppo crudeli. «Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri» (Ga. 5:24). Non confidate in nessuna gioia terrena e abbiate come fine la salvezza.
Se questa è una giusta applicazione del testo (e io credo che lo sia!) è inutile filosofare su quali siano le abilità umane e di quanto il peccatore o il santo siano capaci di fare senza o con l’aiuto divino.
La salvezza, la santità, l’eterna beatitudine sono beni preziosi. Colui che ci ha detto di non dare ciò che è santo ai cani e di non gettare le nostre perle davanti ai porci (Mt. 7:6), darà buoni doni a chi li chiede e a chi li apprezza al punto da giungere a considerare tutto il resto come spazzatura poiché ha appreso che ciò che è eccelso tra gli uomini è abominevole a Dio (Cfr. Mt. 7:11; Fil. 3:7-9; Lc 16:15). Di certo, senza Cristo non possiamo fare nulla (Gv. 15:5), ma chi potrà mai usare questa umiliante verità come una scusa per vivere in modo sconsiderato e trasandato, oppure per coprire il proprio egoismo e l’amore per il peccato e il piacere che promette di darci questo mondo?
Il servo infedele, quello che riconsegnò l’unico talento, venne apostrofato come «Servo malvagio e fannullone» (Mt. 25:26). Infatti, se non tutti i malvagi sono fannulloni, tutti i fannulloni sono malvagi!
Quindi, anche noi prendiamo la medesima risoluzione di Edwards a vivere e a mettere in tutto ciò che facciamo tutta la nostra forza, senza risparmio, senza sconti, senza ripensamenti fino a quando… fino a quando le nostre forze fisiche, mentali e spirituali verranno meno e non potremo fare altro che attendere il nuovo corpo della risurrezione che sarà veramene “potente” (1 Co. 15:43). Ma, fino ad allora, non risparmiamoci nel servire il Signore. D’altronde, già il profeta Geremia aveva detto:
«Maledetto colui che fa l’opera del Signore fiaccamente» (Ger. 48:10).
Quindi, non ha importanza quanta sia la tua forza. Sia essa molta o poca:
«Ama il Signore tuo Dio… con tutta la tua forza» (Mc. 12:30).