Il ventiseiesimo proponimento di Jonathan Edwards è:
Mi propongo di allontanare da me quelle cose che sviliscono e indeboliscono la mia certezza di fede.
“Certezza”, soprattutto quando si parla di realtà trascendenti, spirituali, eterne, al nostro tempo è una parola disprezzata. «Beati i dubbiosi», ci dicono quelli che pensano di saperla molto lunga. Socrate, nell’antichità avrebbe voluto che gli uomini giungessero a prendere coscienza della propria ignoranza: «Io so di non sapere», infatti, per quel filosofo era il punto di partenza per giungere alla vera conoscenza. E, infatti, Socrate non celebrava l’ignoranza o il dubbio, infatti diceva che: «Possedere la vera conoscenza significa avere la vera felicità. L’ignoranza e la falsa conoscenza sono la causa di ogni infelicità».
Possiamo concordare con questa affermazione e aggiungere che i cristiani possono essere certi di ciò in cui credono. La predicazione apostolica aveva questo scopo (Cfr. Lc. 1:1-4) e la ragione per cui Dio ci ha lasciato le Scritture è esattamente quella di istruirci e confermarci nella verità che esse contengono (2 Ti. 3:14-17).
Edwards parlava di “certezza di fede”. Evidentemente, come insegna il Catechismo Minore di Westminster, aveva sperimentato che “la certezza dell’amore di Dio” è uno dei benefici che scaturiscono dalla nostra giustificazione, l’adozione e la santificazione (insieme alla pace della coscienza, la gioia nello Spirito Santo, la crescita nella grazia e la perseveranza in essa fino alla fine) (Dom. 37).
Dal suo proponimento impariamo anche che la sua condizione di normalità era quella di vivere nel godimento di quello che il puritano Thomas Brooks ha definito “il cielo sulla terra”, ma anche di avere sperimentato momenti e periodi in cui questa certezza è “svilita e indebolita”.
Così è, perché – come è stato affermato – la condizione di “certezza dell’amore di Dio” nei nostri confronti è soggetta a fluttuare e, nella sua sapienza, il Signore ha ordinato che questo “stato d’animo” possa variare in modo tale che, in certi momenti, può raggiungere picchi altissimi e condizioni che potremmo perfino definire “estatiche” (non bisogna essere dei mistici per fare un’affermazione del genere, perché è l’esperienza comune di tanti figli di Dio), mentre in altri momenti può scomparire del tutto e lasciare il posto alla confusione, a dubbi strazianti e alla paura di essere dei reietti.
Com’è possibile tutto ciò? Edwards, senza ulteriori qualificazioni, parla di “cose che sviliscono e indeboliscono la certezza”, ma quali sono? La lista che darò non potrà essere esaustiva, ma se volete comprendere meglio e di più a questo proposito leggete ogni giorno per un mese intero la prima lettera di Giovanni e prendete appunti a tal riguardo.
Per quanto ci riguarda, al momento, atteniamoci a pochi principi.
- Rivolgendoci a 1 Gv. 2:3-6 vediamo che questa certezza è la risultante di varie componenti: l’ubbidienza ai comandamenti (3-4), la comunione con Cristo (5b-6a), possedere lo spirito di Cristo (6b).
- Se poi consideriamo 1 Gv. 2:7-11 vediamo quale sia la manifestazione pratica di quanto già affermato: un amore fraterno sincero e leale, profondo e, come dirà in seguito, che si manifesta in atti concreti (Cfr. 1 Gv. 3:16-19).
- Inoltre, tale certezza ha il proprio fondamento nella consapevolezza che i nostri peccati sono stati perdonati da Dio in virtù di Cristo, come è detto in 1 Gv. 2:12.
- Pr concludere, Giovanni menziona un’altra fonte di certezza (seppure lo fa usando un comando e in negativo: l’amore del mondo come descritto in 1 Gv. 2:15-17.
Quali sono, dunque, “tutte le cose che sviliscono e indeboliscono la certezza”? A questo punto non è troppo difficile comprenderlo:
- ogni trasgressione della legge di Dio e dei comandi di Cristo,
- la trascuratezza nella vita di comunione con Dio tramite a preghiera fervente e continua, la lettura e la meditazione della Scrittura,
- la mancanza di un autentico “spirito cristiano” (il camminare come Cristo camminò). Gli ipocriti possono fare sfoggio di “certezza”, ma la loro presunzione è evidente dalla mancanza del resto dei segni.
- L’indifferenza e/o la noncuranza o, addirittura il disprezzo e la malvagità nei confronti del prossimo (familiari, amici, nemici, fratelli, non credenti).
- Scarsa considerazione di Cristo e della sua opera.
- Mondanità.
Adesso è il momento opportuno per una valutazione del nostro “livello di certezza” e per una considerazione attenta della nostra esperienza di fede.
Non è forse l’ora, per qualcuno di voi, di riprendere la strada verso “la casa del Padre”?
Torna, non indugiare, Cristo ti dice: «Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori!» (Gv. 6:37).