Nel preparare una lezione sul lungo e contrastato percorso segnato dalla relazione tra “fede e scienza”, ho riflettuto su quanto possa essere ostacolato il cammino e il progresso verso la conoscenza della Verità (sì, quella con la v maiuscola!) dal pregiudizio antiscientifico.
Normalmente, sul banco degli imputati vengono posti coloro che possiedono delle forti convinzioni religiose e, tutto sommato, sarebbe assai difficile negare che le cose stiano davvero così. Quante volte abbiamo sentito del “caso Galileo” e quante volte abbiamo sentito citare (a sproposito) la Bibbia a sostegno di affermazioni logicamente e scientificamente insostenibili!
Però, il “dogmatismo religioso” che si oppone al progresso della scienza e della piena conoscenza di “tutta la Verità” (sì, ancora una volta con la v maiuscola) non lo si ritrova soltanto tra i seguaci di Cristo (o di altri fondatori di altre religioni), ma in chiunque possieda e coltivi delle idee preconcette immodificabili, poco importa se si dichiari ”credente” o meno!
È una questione molto seria perché il male che una tale posizione può compiere è direttamente proporzionale alla sfera d’influenza posseduta da una tale persona. Un privato cittadino può danneggiare se stesso, i suoi familiari e pochi altri. Un insegnante, generazioni di studenti. Un dittatore può causare la rovina di una nazione intera. Uomini e donne che acquisiscono una certa autorevolezza nel campo della scienza o che giungono a divenire “celebrità religiose” – soprattutto in un mondo come quello in cui viviamo – sono in grado di produrre un cambiamento culturale di ancora più vaste proporzioni. Dovremmo combattere con tutte le nostre forze il pregiudizio antiscientifico!
Con questi pensieri nella mia mente ho osservato proprio nel Vangelo di Matteo gli effetti deleteri di questo pregiudizio distruttivo. Dove, direte voi? In Matteo 27:62-64!
«I capi dei sacerdoti e i farisei si riunirono da Pilato, dicendo: “Signore, ci siamo ricordati che quel seduttore, mentre viveva ancora, disse: ‘Dopo tre giorni risusciterò’. Ordina dunque che il sepolcro sia sicuramente custodito fino al terzo giorno; perché i suoi discepoli non vengano a rubarlo e dicano al popolo: ‘È risuscitato dai morti’; così l’ultimo inganno sarebbe peggiore del primo”».
Il comportamento e le parole dei capi sacerdoti e dei farisei fu condizionato dal pregiudizio che possedevano intorno alla persona di Gesù di Nazaret. Lo avevano etichettato come “impostore”, consideravano impossibili e false le sue parole e presupponevano che i suoi discepoli fossero altrettanto falsi e disonesti quanto lui. Il loro pregiudizio li mise in una posizione tale da rendere impossibile un cambiamento di opinione. Al punto da essere disposti a prendere delle precauzioni che avrebbero “blindato” la loro posizione.
Siamo di fronte al pregiudizio dell’incredulità che, in questo caso, si rivela anche antiscientifico poiché, per verificare la vera natura di Gesù di Nazaret e la veridicità delle sue affermazioni e predizioni, sarebbe bastato fare un esperimento della durata di soli tre giorni: quello di porsi in attenta e onesta vigilanza aspettando per vedere cosa sarebbe accaduto, con l’impegno a non falsificare i dati, anche se questi avessero contraddetto le convinzioni presupposte.
Quello sarebbe stato un “comportamento scientifico”! Quella sarebbe stata ”scienza applicata alla conoscenza di Gesù Cristo” in una occasione più unica che rara per verificare la possibilità e l’autenticità della risurrezione.
Quelle persone, però, fecero diversamente e, perfino davanti alla testimonianza delle guardie, scelsero di falsificare i dati eliminando arbitrariamente quello che avrebbe messo in crisi il loro “sistema di credenze”(Cfr. Mt. 28:11-15).
Il pregiudizio che esclude la possibilità del soprannaturale, del miacoloso, del trascendente e che questo si presenti a noi in forme e modi inattesi e insoliti è lo stesso che impedì a sacerdoti e farisei di divenire testimoni della più grande prova della messianicità di Gesù. Questo pregiudizio lo ritroviamo in tutti coloro che cercano di immaginare, trovare (o, addirittura, inventare) qualunque spiegazione plausibile ai i “come” e ai “perché” della vita e del mondo attenendosi esclusivamente alle cause naturali e misurabili dai deboli sensi umani e dal nostro limitato intelletto.
Non può esserci nulla di più antiscientifico del pregiudizio nei confronti di Gesù Cristo.
Si, è vero. Il pregiudizio nei confronti della persona di Gesù preclude la possibilità, l’opportunità e il beneficio che può derivare da un confronto onesto, coraggioso e trasparente con la controparte (credente) o con la lettura della Bibbia. Si, perché confrontarsi con il Vangelo a viso aperto e senza idee preconfezionate è scomodo, difficile, impegnativo, pericoloso per la propria immagine, per l’alta considerazione che nutriamo per noi stessi…
Ho potuto riscontrare in parecchi punti del libro di W.A. Dembski “Intelligent Design” riferimenti a questi preconcetti e pregiudizi che ostacolano o impediscono a certi scienziati di poter abbracciare la fede cristiana o quanto meno di porsi di fronte ad essa in un corretto atteggiamento che non precluda un onesto confronto e la possibilità del sorgere di un “salutare dubbio” nei confronti delle proprie convinzioni.