«Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è autorità se non da Dio, e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Perciò chi resiste all’autorità si oppone all’ordine di Dio; quelli che vi si oppongono si attireranno addosso una condanna; infatti i magistrati non sono da temere per le opere buone, ma per le cattive. Tu, non vuoi temere l’autorità? Fa’ il bene e avrai la sua approvazione, perché il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; infatti è un ministro di Dio per infliggere una giusta punizione a chi fa il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non soltanto per timore della punizione, ma anche per motivo di coscienza. È anche per questa ragione che voi pagate le imposte, perché essi, che sono costantemente dediti a questa funzione, sono ministri di Dio. Rendete a ciascuno quel che gli è dovuto: l’imposta a chi è dovuta l’imposta, la tassa a chi la tassa; il timore a chi il timore, l’onore a chi l’onore.» (Romani 13:1-7)
«Ed egli a loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio». (Luca 20:25)
«Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci all’amore e alle buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda, tanto più che vedete avvicinarsi il giorno.» (Ebrei 10:24-25)
«Salutate tutti i fratelli con un santo bacio.» (1 Tessalonicesi 5:26)
«Ma Pietro e Giovanni risposero loro: «Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Dio.» (Atti 4:19)
«Non uccidere» (Esodo 20:13)
«Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi odiano; benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi oltraggiano. A chi ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra, e a chi ti toglie il mantello non impedire di prenderti anche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi ti toglie il tuo, non glielo ridomandare. E come volete che gli uomini facciano a voi, così fate a loro.» (Luca 6:27-31).
E poi venne il decreto del governo: «Non radunatevi per nessuna ragione, nemmeno per le riunioni religiose, nemmeno nel giorno del Signore».
Quindi cosa facciamo? Come ci comportiamo? Stiamo forse capitolando al cospetto delle autorità anticristiane se veniamo meno al dovere di riunirci nel giorno del Signore? Oppure, ubbidendo,
A questo proposito, ho letto alcuni commenti divertenti che suggeriscono che, poiché – come è noto – tutti gli europei sono fondamentalmente socialisti, è certo che obbediranno senza opporre alcuna obiezione ai loro governi, dimostrando una sottomissione supina alle loro Autorità quasi totalitarie, mentre gli americani liberi, ovviamente, resisteranno al loro governo nel momento in cui i pezzi grossi faranno sentire la voce. Qua non sto tanto seguendo la logica, ma francamente mi sembra una lettura un po’ semplicistica della situazione.
Quindi, dobbiamo essere soggetti alle autorità governative, stabilite da Dio. Se facciamo il bene, non avremo nulla da temere da loro. Dobbiamo rendere a Cesare ciò che appartiene a Cesare. Tutto ciò comprenderebbe il riconoscimento della misura della supervisione e della direzione nazionale che un governo civile, competente e ben disposto, potrebbe essere in grado di fornire, e almeno onorare le sue intenzioni di preservare la salute e la vita della cittadinanza, sostenere l’economia e così via. Quindi, ad esempio, se il governo ci assicura che le scorte di carta igienica sono sufficienti, non è necessario fare razzia di carta igienica sulla base dell’ipotesi (o del sospetto?) che stanno cercando di privarci della necessaria carta igienica per accumularla nei dipartimenti e per i funzionari statali. Se il governo, allo scopo di tutelare la salute di tutti, sollecita o richiede di evitare le riunioni pubbliche, comprese quelle che riguardano le riunioni di culto, abbiamo – per lo meno – l’obbligo di tenerne conto. Nel farlo, è giusto conoscere la differenza tra un consiglio e un ordine: il governo potrebbe consigliarci di fare qualcosa che scegliamo di fare o di non fare, o di fare in un certo modo. In tal caso, abbiamo una certa libertà di manovra.
Ma cosa succede se il governo proibisce ciò che Dio comanda o comanda ciò che Dio proibisce? Fa differenza se la misura è temporanea e se riguarda una questione di buona gestione politica? Dio ci ha comandato le riunioni della chiesa locale, ha stabilito il primo giorno della settimana come il giorno giusto in cui ciò dovrebbe avvenire e ci ha fatto delle preziose promesse riguardo a tali incontri. Il nostro amore per Dio ci porterebbe sicuramente a mantenere l’impegno di dedicarci all’incontro con il suo popolo in sua presenza allo scopo di lodarlo. Se siamo dei santi in buona salute spirituale, avremo sia il senso del nostro dovere sia un appetito adeguato per l’adorazione comunitaria di Dio. Inoltre, nel riunirci, solitamente dovrebbero esserci le appropriate espressioni di una relazione fraterna affettuosa, qualcosa che possa equivalere in qualche modo al “santo bacio”. In effetti, potremmo sostenere che è in momenti come questi che l’adunanza dei santi diventa maggiormente significativa, e non meno, poiché ci riuniamo per poggiarci su Dio e ricevere da lui il sostegno spirituale di cui le nostre anime hanno bisogno per mantenere viva la nostra fede, fulgida la nostra speranza e forte il nostro amore, proprio in mezzo a queste sfide.
Ora, che dire del sesto comandamento? Ci viene detto di non uccidere, e quel comandamento (nelle parole del “Catechismo minore” [di Westminster]) “ci richiede di preservare con tutti i mezzi legittimi la nostra vita e quella degli altri” proibendo, al tempo stesso “il suicidio, l’omicidio ed ogni cosa che li favorisce”. All’inizio di quest’anno sono stato colpito, probabilmente per la prima volta nella mia vita, da quella che potrebbe definirsi “una vera e propria influenza”. Sono rimasto a letto circa una settimana, curandomi di non esporre altri a qualsiasi potenziale infezione per diversi giorni anche dopo il mio recupero, specialmente quando riprendevo i miei doveri pastorali pubblici, e stando particolarmente attento a non visitare i membri più vulnerabili della congregazione per un ulteriore periodo di tempo. In circostanze normali, probabilmente consiglierei alle persone con malattie altamente contagiose a prendere particolari precauzioni allo scopo di non diffonderle. Anche se non incoraggio le persone rinunciatarie a partecipare all’adorazione pubblica di Dio per futili ragioni, se qualcuno è malato (e specialmente se la sua malattia è contagiosa), per il suo stesso bene e per quello altrui, dovrebbe porsi in “quarantena volontaria”, per usare un’espressione molto comune al momento. In tal senso, potremmo dire che stiamo semplicemente applicando il principio normale a una situazione straordinaria. Se qualcuno non dovesse essere disposto o non essere in grado di prendere da solo una decisione saggia, magari alcuni consigli diaconali sarebbero appropriati, anche al punto di indirizzarli a tornare a casa per il proprio benessere e per quello degli altri.
Poi ci sono i principi dell’amore verso il prossimo che costituiscono la vera essenza dei nostri obblighi verso i nostri simili e che stanno dietro al sesto e ad altri comandamenti più “orizzontali”. Domenica scorsa, nell’incoraggiare il popolo di Dio a riflettere su questo, ho sottolineato che gran parte di ciò che ci è richiesto è semplicemente la vasta e intensa applicazione della cortesia cristiana e della saggezza specifica. Ciò comprende: il lavarsi le mani correttamente, soprattutto se si maneggiano cibi che saranno mangiati da altri; l’astenersi dallo stringere la mano, dall’abbracciare o da qualunque altra azione equivalente al “santo bacio” se l’altra parte mostra di non gradire, non si sente a proprio agio o è obbligata a evitare tali contatti per il proprio interesse o per quello altrui; il non offendersi per il fatto che qualcuno prende maggiori precauzioni di quelle che prenderemmo noi stessi; il prestare particolare attenzione alle persone particolarmente vulnerabili, siano esse anziani, immunodepressi o semplicemente di salute cagionevole e precaria; lo svolgere con cura particolare la pulizia del locale in cui si riunisce la chiesa e in particolare di quei punti o delle stanze in cui la veicolazione di un virus potrebbe essere più probabile. Come potremmo mostrare l’amore nei confronti del nostro prossimo che ci è più vicino se il governo proibisse le riunioni di culto o gli incontri al di sopra di una certa dimensione? In quest’ultimo caso, alcune chiese più piccole potrebbero continuare a incontrarsi, mentre altre si troverebbero al di sopra della soglia. Che dire dell’amore per le anime degli uomini? Come consideriamo il loro benessere eterno? Per inciso, la cortesia e la cura amorevoli dovrebbero spingersi fino a rendere un servizio a quelli che appartengono alla nostra congregazione e che potrebbero avere bisogno di assistenza particolare, nel caso siano necessariamente in “quarantena volontaria”, e quindi isolati, o bisognosi di cure particolari. Siamo pronti, se necessario, a rischiare il nostro benessere per il bene dei nostri fratelli e sorelle? Che dire di quelli che sono al di fuori del regno e che potrebbero ritrovarsi a dovere affrontare del tutto impreparati e senza alcuna istruzione il giudizio di Dio se noi non li avvertiamo e non parliamo loro del Vangelo? Questa è una domanda a cui tutti i cristiani, e in particolare i pastori di un gregge, devono rispondere in linea di principio adesso, prima di ritrovarsi sotto la pressione di una crisi. E se dovessimo sapere di altre congregazioni che hanno i loro pastori resi inabili dalla malattia o incapacitati a causa delle necessarie precauzioni contro la malattia? Siamo pronti a viaggiare per ministrare la Parola di Dio? Le chiese sono pronte ad adattare i loro orari e le circostanze dell’incontro al fine di accogliere ogni occasione adeguata per ascoltare la verità salvifica?
E che dire della celebrazione della cena del Signore? Ciò potrebbe costituire una sfida particolare, e ciò può dipendere dal fatto dal credere o meno che il Signore richiede di accostarsi alla sua mensa ogni giorno del Signore. Se invece appartenete a una chiesa o a un gruppo di chiese che celebrano la cena del Signore meno regolarmente, o molto meno regolarmente, potrebbe non fare molta differenza. Che dire dell’uso del vino rispetto al succo d’uva? Sarebbe utile la presenza o l’assenza di alcol? Che dire dell’uso di un solo calice? Che dire dello spezzare o del tagliare il pane in pezzi più piccoli in anticipo, se si usa una pagnotta? Fa differenza se i piatti o i bicchierini passano di mano in mano? Tutto ciò ci dice qualcosa sulla nostra teologia della cena del Signore. Se non è nient’altro che un memoriale, forse potremmo anche farne a meno. Se lo consideriamo come una sorta di talismano, probabilmente non ci sarà nulla che potrà dissuaderci dal prenderlo (a meno che il pericolo percepito sospenda almeno per un po’ la nostra superstizione). Se lo consideriamo un autentico strumento della grazia, riconosceremo senza dubbio di averne bisogno e lo desidereremo sempre, ma altre considerazioni potrebbero influenzare il modo, il tempo o la frequenza con cui lo celebriamo. Ovviamente, dato che non si tratta di un ordinamento per le famiglie, per gli amici o per i piccoli gruppi, ma che dev’essere osservato «quando vi riunite in assemblea» (1 Co. 11:18), può darsi che, senza considerare il contesto della divisione all’interno la congregazione, in tali circostanze la chiesa non si sta veramente radunando (e non sto affermando che non ci si possa accostare alla mensa del Signore se non è presente ogni membro della chiesa). Forse si potrebbe semplicemente attendere fino alla fine della breve tempesta.
Adesso proviamo a elaborare alcuni principi e applicazioni pratiche.
Prima di tutto, suggerirei che dovremmo desiderare grandemente radunarci per adorare Dio. Il nostro principale impegno e la nostra aspettativa dovrebbero essere che, ogniqualvolta e dovunque sia possibile, ci raduniamo sempre con il popolo di Dio per il culto nel giorno del Signore. Sia questo il nostro presupposto operativo. Facciamo in modo che tutti nostri piani e le nostre preparazioni si compiano e siano funzionali allo scopo di consentire al popolo di Dio di unirsi per adorarlo e godere della comunione fraterna nel modo più regolare, facile e sicuro possibile.
Se incontrarsi dovesse divenire potenzialmente pericoloso, poco saggio o addirittura temporaneamente illegale, come potremmo rispondere? Vi sono numerose possibilità. Prima di tutto, mi aspetto che se c’è qualcuno che sia stato effettivamente o probabilmente contagiato dal Coronavirus o da qualsiasi altra malattia, costui si prenderà cura di se stesso e degli altri abbracciando una tale malattia come un autentico impedimento provvidenziale a partecipare al culto. Mi pare ovvio. Ma gli altri? Magari una chiesa potrebbe radunarsi all’aperto, tutte le famiglie sedere insieme in nuclei isolati e rispettando la distanza di sicurezza raccomandata. Potrebbe essere una meravigliosa opportunità per l’evangelizzazione, soprattutto se ci fossero case nelle vicinanze da cui la gente può ascoltare la buona notizia. Penso al centro del nostro quartiere, che ha uno spazio quadrato circondato da panchine. Si potrebbero usare per farvi sedere ciascuna famiglia! Altri potrebbero stare in piedi o seduti negli spazi tra di esse. E che dire della possibilità di ascoltare dalle finestre o i balconi delle case circostanti? Può darsi che l’edificio della chiesa sia sufficientemente grande o che la congregazione sia abbastanza piccola perché l’incontro possa tenersi all’interno dell’edificio, con le persone sedute le une dalle altre alla dovuta distanza e facendo attenzione alla possibilità di infezione per il contatto reciproco di superfici come le maniglie delle porte, i rubinetti o altre superfici. In tali circostanze, sarebbero indispensabili misure adeguate per ridurre al minimo i rischi (compresi i genitori che si assicurano che i loro figli siano seguiti a questo proposito, come i ragazzi che domenica hanno insistito con me sul fatto che non gradiscono l’acqua calda e, quindi, che non si sarebbero lavati le mani correttamente). Forse i disinfettanti per le mani (se si riescono ancora a reperire!) potrebbero essere messi nei punti d’ingresso, con regolari promemoria scritti o orali di buone pratiche.
Potrebbe essere necessario fare un piccolo triage ecclesiastico. Forse potremmo iniziare eliminando alcuni degli extra che si sono aggiunti ai ritmi essenziali della vita della chiesa. Ad esempio, la chiesa che servo ha un numero di riunioni aggiuntive durante la settimana, nel corso del mese o come una tantum, che sarebbe necessario riconsiderare. Mentre c’è una parte di me che mi dice che è molto importante predicare il Vangelo in queste circostanze, non è necessariamente una buona idea cercare di radunare una folla di sconosciuti in una sola stanza in momenti come questi. Quindi, potremmo concentrarci sulle riunioni del mattino e della sera del giorno del Signore, e forse anche sugli incontri di preghiera, che diventano più urgentemente necessari.
Se altre opzioni sono più limitate, la tecnologia potrebbe venirci particolarmente in aiuto. Magari il predicatore potrebbe recarsi all’edificio della chiesa con la sua famiglia, se tutti sono sani, e con pochi altri disposti e capaci di partecipare. Oppure si potrebbe fare in modo che la predicazione sia trasmessa in streaming live a coloro che non sono in grado di riunirsi, o addirittura registrata e/o trasmessa in streaming se non può partecipare nessun altro. Si spera che tutti siano consapevoli che esistono dinamiche spirituali che si stabiliscono esclusivamente quando il popolo di Dio si riunisce per ascoltare la parola di Dio che non potranno essere replicate o trasmesse dalla comunicazione digitale dell’evento, ma tali opzioni, perlomeno, mantengono coinvolti coloro che sono costretti ad essere assenti, e potrebbero fornire un’alternativa temporanea (magari si potrebbero dare delle utili istruzioni sui pro e i contro di tale genere di incontri). Alcune chiese lo fanno già per aiutare le persone che si trovano regolarmente impossibilitate a partecipare e, in questo caso, si tratterebbe di una semplice estensione di tale servizio, generalizzandolo per un tempo limitato. Ovviamente tutto questo ha un impatto sulla celebrazione della cena del Signore, come già detto. Presumendo di essere disponibile (e pianificando adeguatamente se non dovessi esserlo), attualmente mi propongo di trovarmi nel locale di culto nel giorno del Signore, magari in anticipo rispetto alla solita ora se lo streaming live si rivela una sfida a causa delle nostre risorse limitate, per assicurarmi che le registrazioni audio e video del servizio siano rese disponibili per le persone che potranno sintonizzarsi al momento opportuno al fine di dare loro un senso di normalità e alcune dimensioni, necessariamente ridotte ma pur redditizie, della vita della chiesa. Se le cose dovessero complicarsi, magari un anziano potrebbe fornire una sorta di trasmissione o registrare qualcosa da casa, servendo così il popolo di Dio in modo che possa almeno nutrirsi della Parola di Dio. Se tale tecnologia si trovasse al di là delle possibilità della chiesa, altre congregazioni fedeli potrebbero fornire tale servizio ai santi in modo che ne godano, sebbene ogni passo che ci allontana dalla vita regolare della comunità pattizia comporterà di sicuro la diminuzione delle benedizioni che ad essa sono promesse, pur nella consapevolezza che il Signore sa bene come pascere il suo popolo in ogni stagione. Si tenga anche conto che in alcune culture e in certi contesti, tali scorciatoie tecnologiche potrebbero semplicemente non essere disponibili. In alcune congregazioni, infatti, potrebbero esserci membri più anziani che sono privi degli strumenti o delle competenze necessarie per usare tali mezzi, e si tenga conto che potrebbero essere proprio loro i membri che hanno maggiore bisogno della cura del corpo e dell’anima.
E se le autorità civili giungessero a vietare temporaneamente tutti gli incontri, compresi quelli religiosi? Che faremo? Penso che nella contingenza sarei ben contento di utilizzare alcuni dei mezzi di cui sopra per massimizzare le opportunità di predicare il Vangelo a quante più persone possibile, all’interno o al di fuori delle mura degli edifici della chiesa, usando tutti i mezzi legittimi reperibili o immaginabili. In queste circostanze, non sono affatto convinto che le manifestazioni stravaganti di disobbedienza civile siano giustificate o sagge. Se poi, col passare del tempo, tale intervento del governo diventasse coercizione o persecuzione, allora mi sentirei perfettamente libero di resistere con educata e umile disobbedienza a qualsiasi tentativo di impedire l’esercizio del mio privilegio dato da Dio di radunarmi con i santi per adorarlo, nonostante quanto ho già detto, in un altro contesto, circa la necessaria distinzione tra i consigli e gli ordini del governo.
La libertà è importante. Vale la pena prendere in considerazione il principio della libertà cristiana. Non tutti emetteranno gli stessi giudizi su ciascun punto e in ogni luogo. Alcuni dei nostri fratelli ipocondriaci potrebbero già vivere in un abituale isolamento con una scorta a vita di prodotti in scatola e carta igienica, e aver già deciso che qualunque adunanza dei santi è semplicemente troppo pericolosa per loro e per le loro famiglie. Potrei dissentire da loro, ma – fintanto che questo atteggiamento non giungerà a degli estremi insensati -, considerate le circostanze, è improbabile che li rimproveri per la mancata partecipazione, anche se consiglierei un po’ di coraggio in più e una maggiore dipendenza da Dio. Dio non è onorato dal cieco panico dell’incredulità, sebbene la fede eserciterà sempre un’amorevole cautela. D’altra parte, alcuni che si vantano della sovranità di Dio potrebbero fare l’errore di mostrare la loro fiducia con una sorta di spavalderia o di passività, trasformando le convinzioni sulla provvidenza in una sorta di fatalismo spensierato o miserabile. Potrei incoraggiarli a usare i mezzi che Dio ha fornito per il loro benessere e quello degli altri, e costoro dovrebbero anche essere rimproverati se si mettono in procinto di trasgredire il sesto comandamento. Molte volte non possiamo fare altro che offrire alle persone l’opzione e l’opportunità e poi lasciare che siano loro a giudicare in base alla luce che possiedono, tenendo a mente che stiamo parlando, di un incontro volontario in senso stretto. La libertà è anche corporativa. Alcune chiese seguiranno direttive diverse da quella che potreste tracciare voi; sono libere di farlo, in piena sottomissione a Dio, fintanto che non violano i chiari principi della condotta scritturale.
Si tenga in mente anche che le attuali disposizioni sono di natura temporanea. Se si crede alle cifre che sono state diffuse, tali restrizioni potrebbero durare solo poche settimane, forse un mese o poco più. Se le restrizioni fossero mantenute più a lungo, a buon diritto, sarebbe necessario riconsiderare il modo in cui rispondere ad esse. Se fossero mantenute senza una buona ragione, potremmo tornare con maggiore prontezza alle nostre abitudini consuete.
In tutto ciò abbiamo bisogno di ricordare che c’è un Dio in cielo, e che egli fa tutto ciò che gli piace, secondo la sua bontà, misericordia, saggezza e amore. Ricordatevi che potreste prendere tutte le precauzioni e ammalarvi lo stesso e perfino addormentarvi in Gesù. Potreste non prendere alcuna precauzione e rimanere in ottima salute. Credere nella sovranità di Dio non dovrebbe renderci incuranti dell’uso dei mezzi che egli ha designato per raggiungere determinati scopi. Perfino Ezechia, a cui era stato promesso che sarebbe guarito dalla sua malattia mortale, applicò il cataplasma di fichi che il Signore stabilì come mezzo allo scopo della sua guarigione (Is. 38:21). Né il panico insensato né la spavalderia spensierata onorano il Signore. La stabilità e persino la serenità appartengono a coloro che confidano nel Signore. Quindi, impegnatevi a fare tutto il possibile per obbedire ai comandi di Dio e abbracciare i privilegi dei santi. Pianificate e preparatevi a sfruttare al massimo ogni opportunità a questo scopo, adesso e in qualsiasi circostanza futura. Come e quando la saggezza o gli anziani (nella sfera ecclesiastica) o il governo (nella sfera civile) impongono, potrebbe essere necessario, temporaneamente, apportare il genere di cambiamenti descritti sopra, cercando in tutto questo di «onorare tutti. Amare i fratelli. Temere Dio. Onorare il re». (1 Pi. 2:17).
(Traduzione: Reno Ulfo)
Pubblicato col permesso dell’autore. L’articolo originale in Inglese si trova qui: https://eardstapa.wordpress.com/2020/03/12/the-church-and-the-plague/