Una lettera di Berlicche
Ci sono libri e letture che possiamo paragonare a delle pietre miliari sulla strada del nostro pellegrinaggio perché hanno segnato delle tappe memorabili. Uno di questi è quello che ha giustamente portato alla popolarità C. S. Lewis, Le lettere di Berlicche. Mi capita, di tanto in tanto, di tornare a questo piccolo capolavoro letterario perché ha segnato la mia infanzia spirituale.
In questi giorni sto rileggendo anche un altro classico della letteratura evangelica, il libro che contiene ventuno dei sermoni sulla Depressione spirituale che Martin Lloyd-Jones predicò alla sua chiesa nel 1954 (gli altri che non sono contenuti nel libro possono essere ascoltati gratuitamente qui).
Questo mi ha riportato a una delle lettere che Berlicche, l’anziano demonio – attraverso la penna di Lewis – scrisse al suo inesperto nipotino tentatore di nome Malacoda.
È una delle mie preferite perché contiene dei camei sui quali vale la pena riflettere.
Chiunque abbia letto il libro sa che i capitoli non hanno titolo, ma che le varie lettere sono semplicemente numerate. Quella a cui mi riferisco è l’ottava alla quale io ho dato il titolo: La legge dell’ondulazione.
Ai lettori del mio blog vorrei fare dono una mia lettura “drammatizzata” della stessa lettera.
Per un momento mi era venuta la felice idea di renderla in siciliano… ma ci sarebbe stato troppo lavoro da fare e, soprattutto, ho pensato che non sarebbe stato opportuno perché, almeno in qualcuno, sarebbe passata l’idea che un demonio, un siciliano e un mafioso possono essere la stessa cosa, mentre non è così, poiché il diavolo sa parlare tutte le lingue e i dialetti… purtroppo!
Chi ascolterà tenga presente che la prospettiva dello scrittore della lettera è totalmente capovolta. Per lui il Nemico è Dio, colui che chiama “Nostro Padre Laggiù” è Satana… e così via.
Questa “corrispondenza satanica” può esserci d’aiuto a comprendere le tecniche e le tattiche del tentatore, ma anche a considerare la nostra stessa natura e come essa risponda all’azione di Dio, ma soprattutto – almeno in questa lettera – ci viene offerta la possibilità di riflettere sul modo in cui momenti di prova e di depressione possano essere utilizzati da Dio per fare in modo che noi possiamo conoscerlo di più, amarlo intensamente e seguirlo e ubbidire a lui liberamente.
Sebbene siano trascorsi più di trentasei anni, ricordo l’impatto che questa lettera ebbe su di me, giovane cristiano appena convertito, quando cercavo continuamente “il conforto emotivo della sua presenza” e non comprendevo perché Dio permetteva che io cadessi ripetutamente e non mi risollevasse immediatamente… la risposta me la diede proprio Berlicche:
«Egli [Dio] vuole che essi [noi, suoi figli] imparino a camminare, e perciò deve tirare via la mano; e purché ci sia veramente la volontà di camminare, Egli sembra gradire perfino il loro inciampare. Non ingannarti, Malacoda. La nostra causa non è mai in maggior percolo di quando un essere umano, senza più desiderio ma ancora con l’intenzione di fare la volontà del nostro Nemico [Dio], si guarda intorno e scorge un universo dal quale ogni traccia di Lui sembra essere svanita, e si chiede perché è stato abbandonato, e tuttavia continua a ubbidire» [p. 35].
Forse questo post potrà aiutare qualche cristiano/a che sta attrevarsando un periodo di aridità, scoraggiamento, o di malattia e sente che Dio se ne stia lontano e silenzioso.
Prendi coraggio, non è così. E presto si vedrà!
Buon ascolto!