«Dio non è morto, perché non è mai esistito. Dio non esiste!». Il discorso pasquale del Papa di Roma del primo aprile del 2018 sarebbe stato tanto laconico quanto rivoluzionario, e avrebbe cambiato il mondo!
Continuando la lettura si capisce come sarebbe accaduto che proprio Papa Francesco pronunciasse quelle parole sinceramente e non per scherzo: il suo cervello era stato hackerato o, meglio, fatto oggetto di un esperimento affinché potesse essere liberato dall’istinto religioso, ingerendo un prodigioso farmaco che, alla fine, sarebbe stato somministrato al mondo intero.
Niente più religione, di nessun tipo. Finalmente l’umanità sarebbe stata liberata da ciò che ha da sempre causato morte e sofferenza agli uomini.
Questa è l’utopia di Marc Augé, espressa nel libro pubblicato nel 2016 da Raffaello Cortina Editore.
È fantascienza… è utopia, appunto. Tuttavia, la lettura di questo breve romanzo, suscita qualche considerazione importante.
La prima è: perché il Papa? Perché proprio lui? Si risponderà: perché è la massima autorità religiosa. Perché milioni, anzi, miliardi di persone guardano a lui e lo ascoltano.
Ma, così facendo, non si ammette forse l’impossibilità che “il nemico religioso” possa essere sconfitto a meno che non sia esso stesso a suicidarsi? Perché non potrebbe essere un uomo di scienza a dimostrare che «Dio non esiste» e a presentare le prove schiaccianti annunciandolo al mondo, e lo si deve far dire a un papa?
La risposta ovvia non è forse che, perfino l’uomo di scienza più autorevole e credibile non è in possesso di queste prove e non potrà mai presentarle? Non è forse la conferma del fatto che la religione non può essere uccisa, ma può solo uccidersi?
La seconda: questo portentoso ritrovato chimico che neutralizza l’istinto religioso guarendo ogni cervello dalla “malattia della fede” e che dev’essere usato necessariamente all’insaputa e perfino contro la volontà dei “malati”, considerando le leggi umane più laiche e illuminate, potrebbe essere somministrato legittimamente? Nel mondo reale, è lecito che una maggioranza (o una minoranza ben organizzata e ben finanziata), ricorrendo al paravento del “fin di bene”, aspiri o giunga a modificare le facoltà intellettive del resto del mondo? Quale etica (ah… che parola!) giustificherebbe una tale azione? Se si provasse a farlo e si venisse a sapere, non sarebbe considerata un’azione criminale?
La terza: com’è possibile che un tale “farmaco” agisca in modo selettivo estirpando tutte le fedi, tranne una, ovvero quella nella scienza? Il “lieto fine” del romanzo di Augé (a pagg. 92-93) afferma che: «All’umanità sarebbe stato affidato il compito di […] coltivare la fede nelle scoperte della scienza; di rispettare la nostra Terra […]. Ciascun individuo avrebbe dovuto interpretare il proprio ruolo di “traghettatore” e dare un senso alla propria vita – per quanto effimera – andando oltre se stesso».
Ma non è esattamente in queste cose che consiste il senso religioso?
Neppure un farmaco immaginario che elimina le religioni dal mondo, perfino nel delirio della mente atea del più fantasioso dei sognatori, potrà mai eliminare la necessità di doversi fidare di qualcosa o di qualcuno e di ricercare il senso della propria esistenza.
Il fatto è che niente e nessuno mai potrà estirpare dall’animo umano quello che il riformatore Giovanni Calvino ha definito come il sensus divinitatis. Lo si potrà continuare a soffocare e sopprimere, lottando contro la propria coscienza… questo sì, questo è concesso, ma non lo si potrà estirpare.
Bisogna farsene una ragione perché, se si perde la religione, si perde anche la scienza!