«Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena. Gesù dunque, vedendo sua madre e presso di lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: “Donna, ecco tuo figlio!” Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!” E da quel momento, il discepolo la prese in casa sua». (Giovanni 19:25-27)
È purtroppo vero che Maria, la madre di Gesù, viene impropriamente esaltata da una parte del cristianesimo e, colpevolmente, quasi del tutto trascurata da un’altra parte.
Anche per questa ragione, spesso, i protestanti sono stati accusati – o per lo meno sospettati – di strisciante misoginia.
Non dovrebbe essere così. Le donne e, in modo particolare, “le madri” hanno un posto speciale nella Scrittura. A cominciare da Eva e fino all’Apocalisse, molto spesso, sono delle figure di grande valore e ispirazione.
Se una donna corrotta e malvagia (come Izebel) è una peste… una donna saggia e virtuosa è una delle più grandi benedizioni di cui si possa godere nella vita e una delle creature più utili, fruttuose e meritevoli del massimo rispetto e onore. In un mondo e in un tempo che è sbilanciato e, spesso, schizofrenico nel considerare il genere femminile, tutto ciò merita di essere sottolineato dalla chiesa.
È questo il caso delle donne che troviamo nei Vangeli, che seguirono, servirono e amarono il Signore Gesù ricevendo da lui cura, liberazione, perdono, affetto, conforto, istruzione e che egli volle onorare grandemente elevandole al posto assegnato loro da Dio alla creazione e ben più in altro del modo in cui esse venivano comunemente considerate e trattate dai suoi contemporanei.
Nei Vangeli leggiamo di uomini che offesero Gesù, che lo sfidarono, lo odiarono, lo tentarono, lo tradirono, lo rinnegarono, lo abbandonarono (perfino tra i suoi discepoli), lo condannarono ingiustamente e vigliaccamente, lo batterono, lo insultarono e lo crocifissero… Mentre delle donne dei Vangeli – seppure di nessuna di loro siano nascosti i peccati e le debolezze – ne appare di sicuro un quadro ben più luminoso. Alcune di loro piansero ai suoi piedi, altre lo supplicarono con insistenza e fede, altre ancora offrirono con generosità il poco o il tanto che possedevano, confessarono apertamente il loro affetto, lo servirono con premura, lo seguirono fino alla croce, precedettero tutti nel desiderio di rendergli onore al sepolcro, furono le prime a sapere della sua risurrezione e ad annunciarla!
Qui, nell’ora più oscura della vita terrena del nostro Signore, ci sono almeno tre (forse quattro) donne che soffrono e simpatizzano con Gesù ai piedi della croce, e un solo uomo, uno solo dei suoi discepoli che trova la forza e il coraggio di seguire il suo Signore anche nel momento della vergogna e in quello che poteva apparire come della sua sconfitta.
Gesù, non parlò molto dalla croce. I Vangeli riportano le poche frasi che egli pronunciò. Due sono delle affermazioni, una di dolore e una di trionfo (“ho sete” e “è compiuto”), tre sono delle preghiere rivolte al Padre per sé o per altri (“Perdona loro”, “Perché mi hai abbandonato?”, “Nelle tue mani rimetto il mio spirito”), una è la preziosa promessa rivolta al “ladrone penitente” (“Sarai con me…”) e, infine, ci sono altre due brevi frasi, quelle della nostra lettura, che spesso vengono trascurate. Una, fu rivolta a sua madre (“Donna, ecco tuo figlio!”), l’altra a Giovanni, il suo apostolo amato particolarmente (“Ecco tua madre!”).
Su Gesù e sul significato di queste parole, su Maria e su Giovanni che le ricevettero, vogliamo meditare brevemente, questa sera.
Gesù e l’affetto del Salvatore
Contemplando il Figlio di Dio scorgiamo la sua gloria non solo nei miracoli che compì e nei discorsi che pronunciò, ma anche nei sentimenti che espresse verso gli uomini e le donne che incontrò. Egli è compassionevole e misericordioso, amorevole, gentile, mansueto, colui che s’indigna e si commuove, che gioisce e si rattrista, che rimprovera aspramente e corregge teneramente… Egli è il misericordioso e fedele sommo sacerdote che simpatizza con le nostre debolezze perché conosce le nostre tentazioni e viene in soccorso a coloro per i quali ha versato il proprio sangue.
Dobbiamo proclamare sempre la sua piena divinità ma mai a detrimento della sua umanità. La natura divina di Cristo non assorbì l’umanità al punto da comprometterla, tramutarla, annullarla o dal renderla qualcosa di diverso da ciò che essa è così come noi la conosciamo, e i sentimenti che Cristo provò ed espresse nel corso della sua vita terrena furono perfettamente e pienamente umani. Egli ha amato gli uomini, tutti gli uomini, santi peccatori, non solo in quanto Dio Salvatore, ma anche come Uomo Salvatore. Egli, “Gesù Cristo uomo” l’unico mediatore tra Dio e gli uomini è qui: Gesù Cristo figlio di Maria e Gesù Cristo amico di Giovanni.
Egli non cessa di essere figlio e amico, ovvero si ricorda, si cura e non si dimentica né trascura le sue relazioni umane, nemmeno nel momento della sua massima sofferenza. Quando altri non avrebbero avuto che pensieri per se stessi, quando per altri non ci sarebbe stato che il proprio dolore da affrontare, i propri sogni infranti da rimpiangere e nient’altro che l’amarezza nei confronti dei nemici da esprimere, Gesù mostra di non essere stato avvelenato dall’odio degli uomini e che gli indicibili dolori fisici e spirituali che stava patendo non l’avevano stordito al punto tale da dimenticarsi di chi lo aveva allattato, cambiato, allevato teneramente, amato profondamente e seguito fedelmente. Perfino nell’ora della sua dolorosissima morte non trascura le persone più care che aveva nel mondo e che assistevano alla sua agonia: “sua madre” e “il discepolo che egli amava”.
Voi che leggete, potete essere assolutamente certi del suo affetto nei vostri confronti! Del suo amore divino in quanto creatore di ciascuno di voi e del suo affetto speciale. Infatti, sebbene ci sia sempre stato qualcuno che ha pensato che colei che aveva portato in grembo il Salvatore godesse di privilegi speciali, Gesù ha dichiarato che chi appartiene al numero di quelli che avranno “fatto la volontà di Dio” può conoscere la medesima beatitudine poiché gli è fratello, sorella e madre (Mt. 12:48; Mc. 3:33).
Se Gesù, dalla croce si interessò del benessere fisico e materiale di Maria, che evidentemente era rimasta vedova, al punto da volerla affidare all’unico discepolo che aveva avuto il coraggio di seguirlo fino alla croce, adesso, che è in cielo, non pensate che si interesserà sicuramente di tutti coloro che fanno la volontà di Dio e che egli considera come “fratelli, sorelle e madre”?
Oh, quale tenerezza d’affetto c’è nella sua compassione per gli uomini e nel suo amore per i discepoli che sono nel mondo! Contempliamolo. Godiamone. Annunciamolo!
Nessuno al mondo dovrebbe sentirsi privo di affetto, poiché Dio ama le sue creature. Ogni credente deve sapere di essere amato in modo speciale da Cristo, il Salvatore.
Maria e la consolazione del dolore materno
Quale dolore al mondo può essere più grande di quello di una madre che vede morire il proprio figlio? La spada che trafisse il cuore di Maria in quell’occasione non l’ha conosciuta mai alcun’altra madre, poiché nessuna madre al mondo ha avuto un figlio come il suo e nessuna madre ha dovuto contemplare una tale ingiustizia compiuta nei confronti del proprio figlio.
Ho visto genitori che perdono i propri figli essere totalmente inconsolabili. Soffrire al punto da rasentare la pazzia… e alcuni perfino cadervi! Maria però, sebbene fu la madre più sofferente che il mondo abbia conosciuto, non fu – e non poteva esserlo – la più disperata! Certo, nella prova la sua fede la sostenne. Ma quando le prove sono severe, anche il conforto che possiamo ricevere da altri è prezioso. Maria fu confortata dal suo figlio amato che la mise in buone mani, in mani perfino migliori di quelle degli altri figli avuti da Giuseppe: Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda e delle sue figlie (Cfr. Mc. 6:3; Mt. 13:55-56) perché, fino a quel momento, essi non avevano ancora creduto in lui (Cfr. Gv. 7:5).
Sì, Maria fu certamente sostenuta dalla fede, ma la fede divina – ricordiamolo – viene sostenuta anche da strumenti umani. Alla croce, Maria trovò conforto, accettò l’indicazione del figlio, l’accolse poiché aveva imparato a ubbidirgli, si compiacque della cura di Giovanni e si trasferì a casa sua, poiché le avrebbe permesso di continuare a far parte della comunità della fede e la troviamo in compagnia dei discepoli, nell’alto solaio nel giorno della Pentecoste, partecipe anche lei dei beni spirituali acquistati dal suo Figlio Salvatore.
Maria fu consolata da Cristo morente e questa è un’altra meravigliosa verità su cui riflettere, poiché Cristo è la consolazione di ogni madre credente, di ogni genitore sofferente, di ogni persona che sente la propria stessa carne dilaniata dal dolore della separazione, dalla malattia, dalla cattiveria umana, dalla morte.
Per una madre malata, magari con dei figli ancora piccoli da dover crescere, quale consolazione può esserci se non le parole affettuose di Cristo? Quale conforto può ottenere una vedova che ha appena perso il marito amato? Quale sostegno può ottenere una donna che è stata abbandonata dal proprio marito, o un’altra che per lungo tempo è stata maltrattata e abusata da qualche uomo spietato e malvagio, magari un padre, un fidanzato o un datore di lavoro prepotente?
Ascolta le parole di affetto, di compassione, di sostegno del Signore Gesù. Egli è morto per i peccati (tuoi e altrui) che ti fanno soffrire ed egli è risorto per la giustificazione di tutti quelli che credono in lui.
Non sei sola! Non lo sarai mai. A «chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi a causa del mio nome – dice Gesù -, ne riceverà cento volte tanto, ed erediterà la vita eterna». Ecco la consolazione di Maria! Ecco la consolazione di ogni madre e di ogni donna sofferente.
Giovanni e il dovere del discepolo amato
Ma questi versi contengono anche delle parole che riguardarono Giovanni e che si applicano a ciascuno di noi.
A Giovanni, quelle parole dovettero suonare più o meno così: «Giovanni, prendi Maria come se fosse tua madre, prendi tu il mio posto nella sua vita, abbi cura di lei proprio come avrei fatto io se fossi rimasto in vita fino alla fine dei suoi giorni».
Quale onore stava conferendo il Signore a Giovanni! Quello di prendersi cura di una povera vedova che sarebbe rimasta con lui anche in sua assenza.
La Scrittura ci dice che la chiesa deve farsi carico delle vedove, degli orfani e dei poveri che sono tra i suoi membri. Queste persone, con tutti i loro problemi, non dovrebbero mai essere considerate dei pesi e degli ostacoli. Devono piuttosto essere onorate riconoscendo che chi avrà fatto del bene a uno di quei minimi e come se lo avesse fatto a Cristo stesso.
Giovanni, essendo l’unico amico di Cristo, l’unico uomo e l’unico ministro del Vangelo presente alla croce, ricevette un incarico che noi tutti dobbiamo sentirci in obbligo di osservare: quello di avere cura dei membri sofferenti della chiesa portando loro il conforto spirituale della Parola di Dio e il sostegno materiale dell’assistenza, quando ciò è necessario.
Ciò che accadde il venerdì precedente la Pasqua ci mostra non solo l’eccellenza dell’amore di Dio, ma anche quella dell’amore umano, dell’amore filiale, amicale e della fratellanza. Ci mostra come Dio vuole che gli uomini amino e come i suoi discepoli possono essere consolati e divenire fonte di consolazione.
Quel sacrificio che ha espiato le colpe degli eletti di Dio compiendo la perfetta ubbidienza di Cristo non ha avuto effetto solamente su Dio, propiziandolo e pacificandolo nei confronti di esseri ribelli e peccatori, ma ha effetto anche in tutti coloro che si fermano a contemplarne l’ampiezza, l’altezza e la profondità del suo esempio e della riconciliazione tra esseri umani che deve produrre.
Come ha affermato giustamente Benjamin Warfield proprio all’inizio di un bellissimo sermone: «“Cristo nostro esempio”. Dopo “Cristo nostro Redentore”, non ci sono parole al mondo che possano commuovere il cuore del cristiano più profondamente di quanto possano farlo queste!»
Contempliamo Cristo morente alla croce e, sapendo che egli è veramente risuscitato, viviamo nella realtà della vita che ha provveduto per noi chiedendo a Dio la forza di imitare il suo esempio.
Amen.
Venerdì 2 aprile 2021