Genesi 39:9
A ogni credente può capitare di trovarsi in certe situazioni in cui non c’è più né tempo né spazio per parlare o ragionare, ma solo per fuggire. Giuseppe, il figlio di Giacobbe odiato e venduto dai suoi fratelli, che finisce per divenire il maggiordomo della casa di uno degli pezzi grossi d’Egitto, conoscerà un tale momento e non potrà fare altro che scappare, seminudo, esponendosi allo scherno e alla calunnia.
Tuttavia, prima di quel momento, ebbe molte occasioni per dare testimonianza della sua fede, della sua pietà autentica e del suo carattere timorato di Dio e risoluto.
Alla moglie adultera di Potifar, che avrebbe voluto giacersi con lui, rispose: «Come dunque potrei fare questo gran male e peccare contro Dio?» (Genesi 39:9).
Il fatto che egli definì il peccato sessuale «questo gran male» è la chiave per comprendere la fermezza e forza che Giuseppe mostrò per non cadere nell’adulterio.
Tuttavia, quanto disse a quella donna corrotta ci rivela qualcosa di molto più profondo e salutare, qualcosa che c’era nel modo di pensare e di vedere le cose in quel giovanotto, bello e di successo; qualcosa che riguardava la sua visione di Dio, di se stesso, della vita e del mondo.
Giuseppe considerava il peccato un grande male.
Se Giuseppe avesse ceduto alle avance di quella donna, non avrebbe infranto soltanto il settimo comandamento. Avrebbe commesso spergiuro tradendo la fiducia di un amico, avrebbe disonorato un suo superiore, avrebbe desiderato ciò che non era suo, rubato ciò che non gli apparteneva e avrebbe dovuto mentire per coprire tutti questi peccati.
Ma il suo argomento principale, anzi, il suo unico argomento fu che quello sarebbe stato un peccato contro Dio e, per questo motivo, quello che altri avrebbero rubricato come “un incidente di percorso”, “una scappatella”, per lui era un «gran male».
Ogni cristiano ha il desiderio di essere santo. La ricerca della santità non è soltanto comandata da Dio (1 Pietro 1:16; Ebrei 12:10), ma è un istinto, un’aspirazione, un desiderio ineffabile e indelebile presente in ogni figlio di Dio, in ogni essere umano che viene rigenerato dallo Spirito Santo.
Questa brama di somigliare al Padre celeste, di avere compiuta in noi l’immagine di Cristo, di avere un carattere conforme al suo e di brillare della luce e del calore che solo lo splendore della santità può emanare, sarà tanto più forte quanto maggiormente ci eserciteremo a coltivare l’odio nei confronti del peccato in quanto tale.
Infatti è proprio questo il genere di odio posseduto e conosciuto da Dio.
Condividere questo sentimento ci terrà lontani da ogni forma di male poiché farà di noi non soltanto dei servi ubbidienti al Dio-padrone, ma ci renderà dei figli che amano il Padre-creatore.
Valutiamo la nostra condotta. Cosa può, più di ogni altra cosa, trattenerci dal trasgredire i comandamenti di Dio? Quale motivazione interiore può indurci più efficacemente a compiere azioni impopolari, a rinnegare noi stessi, a esporci a essere ridicolizzati e calunniati, a essere disposti a perdere tempo, danaro e perfino la nostra vita stessa (se dovesse essere necessario) pur di non infrangere uno solo dei comandamenti della legge morale e del Vangelo di cui abbiamo conoscenza?
La pressione sociale esercitata dal gruppo d’appartenenza, la formazione culturale e la consuetudine consolidata possono proteggerci in una certa misura, elevando intorno a noi una barriera o scavando un fossato. La paura delle conseguenze, in certi casi, può essere sufficiente a farci esitare quel tanto che basta per non perdere l’equilibrio e cadere… ma, al pari delle case di paglia e di legno dei porcellini della fiaba, quando il nemico verrà a tentarci con tutta la violenza del vento e del fuoco, quei ripari si riveleranno inadeguati a proteggerci.
E che dire del diluvio del giudizio di Dio? Quando giungerà fino a noi, perfino le case che appaiono come l’immagine della solidità, fatte di pietre e cemento armato, quelle che hanno sopportato tutte le intemperie e che hanno resistito alla sfida di filosofie e potenze umane, anche quelle delle grandi religioni e denominazioni che possono vantare secoli di tradizione, ma che sono costruite sulla sabbia dell’umanesimo non resisteranno. Tutto ciò che non è edificato su Cristo, che è la sola e unica pietra del fondamento, non potrà passare indenne alla cernita e alla prova del giudizio finale di Dio. Ogni albero che il Padre non ha piantato sarà divelto, ogni casa costruita sulla sabbia crollerà, e la rovina di tali edifici di menzogna e ipocrisia sarà grande!
Vogliamo esaminarci in questo senso, oggi? Ci esprimiamo come Giuseppe nei confronti di ogni genere di peccato chiamandolo, ma soprattutto considerandolo «questo gran male»?
Ogni peccato, anche la minima trasgressione del minimo dei comandamenti divini è male per il semplice fatto che è contrario a ciò che Dio è, pensa, dice e vuole.
Ogni peccato, dalla più bianca delle bugie (se dovesse esistere questa categoria di menzogne!) al più efferato dei delitti, è un grande male perché è un oltraggio nei confronti dell’Essere più grande, del Supremo, del Creatore, del Signore, del Redentore, di Colui che è santo, buono e fedele, di Colui che è stato così generoso con noi da colmarci di ogni favore e benedizione, che ci ha comprati con il sangue del suo Figlio, che ci ha uniti a lui per essere un solo spirito con Cristo (1 Corinzi 6:17) che, siccome ha voluto salvarci, ci ha rigenerati, giustificati, adottati e santificati affinché, con l’anima e il corpo, lo glorificassimo.