La settimana scorsa ho utilizzato il tempo un po’ più dilatato per leggere qualche libro che avevo messo in lista d’attesa da molto tempo e ho potuto ascoltare quattro teologi contemporanei rispondere ad alcune domande che sono state loro poste nel corso di una conferenza. L’ultima domanda alla quale hanno risposto è stata: «Quali credete siano i pericoli maggiori ai quali è esposta la chiesa contemporanea?». Le risposte sono state, essenzialmente di due tipi. Alcuni hanno detto “il conformismo” (ovvero l’arrendersi alla mentalità mondana e di cominciare a dare agli uomini non quello di cui hanno bisogno, ma quello che vogliono avere) questo fenomeno possiamo chiamarlo anche mondanità, “divenire come il mondo” o, come lo definiva F. Schaeffer già quasi cinquant’anni fa “divenire un’eco del mondo”. Uno dei teologi però ha detto che, a suo modo di vedere, il pericolo maggiore è quello di non annunciare chiaramente una dottrina in particolare: quella della rigenerazione, o della “nuova nascita”: come avviene, cosa produce, come la si riconosce, quali sono i segni che l’accompagnano. Quel teologo ha concluso riferendo una breve risposta che George Whitfield, il grande evangelista del XVIII secolo, diede a una donna che gli aveva chiesto: «Fratello Whitefield, ma come mai voi predicate sempre che bisogna che nasciamo di nuovo?» al che, senza esitare e senza temere di rendersi ridicolo, Whitefield aveva risposto: «Perché bisogna che nasciate di nuovo!»
Forse le due risposte sono assolutamente collegate perché la mondanità nella chiesa non è altro che un effetto della mancanza o della debolezza della predicazione, della comprensione e dell’esperienza della nuova nascita. Cosa significa nascere di nuovo? Come possiamo sapere di essere delle nuove creature? Vale la pena chiarirsi le idee a tal proposito. Per farlo possiamo cominciare col partire dalla definizione di ciò che un cristiano è così come viene descritto da quello che probabilmente è il più grande discorso che sia mai stato pronunciato nella storia dell’umanità: il cosiddetto “Sermone sul monte” di Gesù, che comincia così:
«Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e si mise a sedere. I suoi discepoli si accostarono a lui ed egli, aperta la bocca, insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati.
Beati i mansueti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.
Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e {,mentendo,} diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi». (Matteo 5:1-12)
In questo discorso troviamo prima di tutto ciò che un cristiano è, il suo carattere, la sua vita, ciò che gli viene richiesto e che egli compie di buon grado, in modo naturale e che, alla fine gli garantirà un’ampio ingresso nel regno di Dio. Varrebbe la pena studiarlo per intero.
Al momento, però, vorrei soffermarmi solo su alcune questioni basilari circa cosa significa essere cittadini del regno di Dio. Ciò è espresso nelle beatitudini. Esse descrivono ciò che Cristo stesso fu perché non possiamo comprendere le beatitudini se non facciamo riferimento Cristo, al suo carattere e alla sua opera. Egli è l’incarnazione stessa dell’insegnamento. Infatti, l’insegnante è l’insegnamento.
L’essenza della vita cristiana
Vita beata! Il cristianesimo e i suoi principi non sono un’aspirazione o un’utopia, un bel sogno da quale prima o poi ci si risveglierà. Non si tratta nemmeno di una convinzione o di un’ideologia. Un’idealista o qualsiasi uomo che abbracciasse la “filosofia di Cristo” sarebbe tutt’altro che beato, perché, anche nel migliore dei casi, dovrebbe ammettere che tra ciò che professa di credere e ciò che è c’è un’incolmabile abisso e, se fosse onesto, non potrebbe essere che un infelice! Ma, diversamente, Gesù afferma che la beatitudine è la condizione o la dimensione nella quale ogni cristiano vive ed opera.
È lo stato della sua anima e della sua mente: egli è «beato nel suo operare» (Gc. 1:25). “Beatitudine” può tradursi letteralmente come “benedizione”. Benedire significa approvare e celebrare, riconoscere e amare l’altro. Viene anche intesa come “felicità” anche se il significato è certamente più profondo di quanto comunemente viene attribuito a questo termine. L’essenza della esperienza cristiana è la felicità piena e completa costituita dalla pace con Dio e dalla pace di Dio nel cuore dell’uomo. Un uomo felice è una persona che ha ritrovato la propria relazione con Dio, che è divenuto amico di Dio, col quale Dio ha fatto la pace. Egli è in pace e, per questa ragione è felice in qualunque circostanza possa ritrovarsi: nell’indigenza estrema, in tutto ciò che causa afflizione e pianto, nell’oppressione alla quale sono soggetti i mansueti, pur avendo intensi desideri insoddisfatti, pur essendo consapevole della propria colpevolezza e avendo conosciuto l’esperienza delle offese da parte di altri, così come trovandosi nella persecuzione e subendo la violenza da parte di nemici.
Se esistono persone come queste, che possono essere beate nonostante tutto questo, esse sono davvero persone che hanno “il gene di Dio”, si, sono le persone che sono nate da Dio, che sono nate dall’alto, che sono state rigenerate e riempite dello Spirito di Dio.
[Considerate questi quattro esempi biblici come un’illustrazione di quanto appena detto: Paolo in prigione: Filippesi 4:12-13; Pietro in attesa del supplizio: Atti 12:6-7; Paolo e Barnaba nel carcere di Filippi: Atti 16:23-25; Giovanni a Patmos: Apocalisse 1].
I paradossi della vita cristiana.
In tutte le beatitudini osserviamo un chiaro-scuro e scopriamo come Cristo, mostrando quale sia il vero carattere dei suoi discepoli non descriva dei “superuomini”, ma il suo esatto opposto! Le beatitudini sono un insulto alle comuni aspirazioni umane… e le condannano pienamente poiché sono principi spirituali che non possono essere compresi dall’uomo naturale e dalle menti carnali. Piuttosto sono un abominio per chi non è nato di nuovo. Quanto sono diverse le beatitudini mondane:
Beati i ricchi,
Beati quelli che ridono e godono,
Beati i dominatori e i potenti,
Beati i sazi,
Beati gli spietati,
Beati i duri di cuore,
Beati i più forti,
Beati quelli cha sanno farsi rispettare ed hanno gli onori di tutti!
L’umanità è alla ricerca dell’uomo forte e potente, dell’essere umano che incarni in sé tutte le aspirazioni e i desideri degli uomini: la bellezza fisica, il successo, il “carisma”, la spregiudicatezza, la scaltrezza, una lunga e prospera vita terrena. Il cristianesimo di Cristo è tutt’altra cosa, il suo eroe è un uomo rigettato da tutti, condannato dal mondo, tradito da un suo discepolo, rinnegato da un altro e abbandonato nell’ora più oscura della sua vita da tutti gli altri, condannato dal mondo e colpito da Dio. Il cristianesimo capovolge i valori mondani e il modo in cui parla di felicità è veramente paradossale agli occhi degli uomini.
[Considerate questi esempi biblici come illustrazione: Il mondo ha sempre scelto Barabba e non Cristo: Mt. 27:21; Luca 16:14-15 (nel contesto); 1 Corinzi 1:22-31].
Il rifiuto della vita cristiana
Gesù, quindi, propone un ben altro modello e si propone come modello ben diverso! Egli è stato rifiutato e non acclamato dagli uomini e così sarà per i suoi discepoli. Le beatitudini ci insegnano come i cristiani siano in rotta di collisione con il mondo. La diversità della quale parla Cristo produce un inevitabile contrasto che sfocia in una guerra aperta che sarà tanto più violenta quanto più l’immagine di Cristo sarà evidente nei suoi discepoli.
D’altra parte Gesù stesso e gli apostoli ci avvertono della realtà, della inevitabilità e della necessità delle persecuzioni.
Il cristianesimo è “un fuoco sulla terra” e una “spada” che divide. L’odio del mondo è assicurato contro i cristiani.
[Considerate le parole di Gesù: «Beati voi quando…» e non “se…”; 2 Timoteo 3:12; l’odio verso gli eletti: Giovanni 15:18-19].
Quindi, per concludere:
Attenti al carattere e alla natura della nostra religione: essa è gioia e felicità, ma non nel senso comune in cui la si intende. La conosciamo?Attenti a non desiderare mai la gloria di questo mondo: noi siamo destinati a essere onorati da Dio al cospetto del mondo, ma dobbiamo attendere con pazienza.
Attenti a non rammaricarci se veniamo odiati e perseguitati. Lo hanno fatto con Cristo. Come i discepoli, “rallegriamoci di essere ritenuti degni di essere oltraggiati per il nome di Gesù” (Atti 5:41).
Grazie per questo buonissimo articolo, per la sua prospettiva presente e futura, che incoraggia e responsabilizza a proclamare un evangelo franco e misericordioso e per questo benedetto
Condivido al 100%. Vivere seguendo il Vangelo sta cambiando la mia vita. Ho 57 anni e un’esperienza di vita (per buona parte di essa) che mi ha condotto a commettere gravi errori, scelte sbagliate. Ho 2 splendidi di figli di 21 e 15 anni che – nonostante tutto – è ancora al mio fianco. Ho dato x scontate troppe cose…
“Essere cristiani senza dirlo è meglio che professarsi tali senza esserlo”.
(S. Ignazio di Antiochia)
Condivido al 100%. Vivere seguendo il Vangelo sta cambiando la mia vita. Ho 57 anni e un’esperienza di vita (per buona parte di essa) che mi ha condotto a commettere gravi errori, scelte sbagliate. Ho 2 splendidi di figli di 21 e 15 anni e una moglie che – nonostante tutto – è ancora al mio fianco. Ho dato x scontate troppe cose…
“Essere cristiani senza dirlo è meglio che professarsi tali senza esserlo”.
(S. Ignazio di Antiochia)